Nico, femme fatale dei Velvet Underground, morì a 49 anni nel settembre del 1988 mentre era in vacanza a Ibiza. Dopo una vita di dipendenza dall’eroina, l’artista si spense a causa delle lesioni provocatele da una banale caduta dalla bicicletta, proprio come un’altra bella e maledetta con un passato avventuroso di viaggi e droghe, la scrittrice Annemarie Schwartzenbach.
Il biopic di Susanna Nicchiarelli sceglie di seguire Nico negli ultimi due anni della sua vita, quando, oramai dismessi i panni e il corpo macilento della modella cantante che accompagnava al tamburello Lou Reed e soci, si era riconquistata il nome originario di Christa Päffgen e reincarnata in una solista dal repertorio dark rock per un pubblico di nicchia. Il film non racconta i gloriosi anni Sessanta in cui Nico splendeva di pallore lunare cantando All tomorrow’s parties bensì sceglie di tratteggiarne il profilo di una vecchia gloria che non molla nonostante la difficoltà a trovare giovani musicisti decenti con cui esibirsi, locali degni e, soprattutto, un pubblico pronto a considerarla senza rimpiangere la silfide che era ai tempi della Factory.
Questa scelta narrativa permette in primo luogo di raccontare la difficoltà che hanno numerosi artisti nel costruire una carriera da solisti dopo essere nati all’interno di un gruppo e aver segnato profondamente l’immaginario di un periodo storico molto connotato. Inoltre, è anche un modo per smitizzare la cerchia in cui crebbe la fama di Nico, la quale ci viene raccontata come una stella che forse non si è mai del tutto riconosciuta nella luce di cui brillava (“nei Velvet Underground mi facevano suonare il tamburello in fondo al palco”) e che per questo sente ancora il bisogno di esprimere tutta la propria creatività ed energia artistica.
Anche per questo Christa è decisa a chiudere con il proprio passato nonostante l’eroina ne sia un permanente strascico. La vediamo reagire con insofferenza agli intervistatori e ai fans che la considerano come “un pezzo di storia”, una reliquia dei mitici quanto polverosi anni Sessanta. Di quell’epoca a New York, però, è comunque un’emozione ritrovare tracce autentiche nel film sotto forma di immagini di repertorio tratte da Walden di Jonas Mekas e da Scenes from the life of Andy Warhol in cui anche la stessa Nico appare brevemente. Sono queste le immagini più belle e vivaci di un film molto tenero, con momenti anche molto intensi (una straziante versione di Nature Boy) ma che manca di energia nonostante buone premesse e ottime intenzioni.
Premesse e intenzioni che sono innanzitutto quelle di restituire il contesto storico e geografico dell’Est Europa sul finire degli anni Ottanta dove Nico intraprende con il suo team sgangherato una tournée piuttosto difficile che culmina in un’esibizione clandestina a Praga interrotta dalla polizia a cui segue un viaggio verso Cracovia sulle note di Big in Japan degli Alphaville, band tedesca che fece soffiare anche in Germania un certo wind of change al ritmo di musica pop rock.
Susanna Nicchiarelli si conferma una regista sensibile al racconto della memoria e dell’infanzia: qui riecheggiano i traumi del passato vissuti da Nico bambina, Berlino che brucia all’orizzonte durante la Seconda guerra mondiale, la fame patita durante il Blocco, il padre morto sotto le armi. In un cinema come quello dell’autrice di Cosmonauta, desideroso talvolta fino al didascalismo di dare visibilità alle esistenze femminili, si afferra molto chiara la volontà di mostrare un corpo dolente e non più perfetto ormai libero dagli imperativi della società dello spettacolo e malgrado ciò ancora desiderabile. Questo obiettivo riesce pienamente grazie alla presenza di un’attrice di grande calibro come Trine Dyrholm che oltre a prestare il suo corpo presta anche la sua voce in tutte le interpretazioni musicali.
Nico è poi anche una riflessione sulla maternità, sulla possibilità di recuperare il tempo perduto quando, come nel caso della cantante, si è diventate madri in condizioni che non erano le migliori per occuparsi di un figlio. Nico, infatti, ebbe Ari da Alain Delon (benché il film non sveli questa paternità) ma dai quattro anni in poi furono i nonni paterni ad occuparsene. Nel film vediamo Nico desiderosa di recuperare un rapporto con il ragazzo ormai grande che vive, molto tormentato, in un istituto ma è anche un fotografo. I due riallacciano i rapporti e creano anche un sodalizio artistico che li porta ad esibirsi insieme, lui con le sue foto, lei con la sua musica. Sarà durante la loro prima e ultima vacanza insieme che Nico avrà l’incidente che le fu fatale.
© CultFrame – 03/2018; Punto di Svista 08/2017
TRAMA
Dopo gli anni gloriosi in cui fu musa di Andy Warhol e militò nei Velvet Underground, Nico ha vissuto una carriera da cantante solista alla ricerca di un pubblico che potesse riconoscere la sua forza creativa. Tra giornalisti impertinenti e locali sgangherati, riuscì a trovare un manager e una band con cui tra il 1986 e il 1987 partì in tour in Est Europa affrontando numerose avventure e ricostruendosi come artista ma anche come persona.
CREDITI
Titolo: Nico, 1988/ Regia: Susanna Nicchiarelli / Sceneggiatura: Susanna Nicchiarelli / Interpreti: Trine Dyrholm, John Gordon Sinclair, Anamaria Marinca, Sandor Funtek, Thomas Trabacchi, Karina Fernandez, Calvin Demba, Francesco Colella / Fotografia: Crystel Fournier / Montaggio: Stefano Cravero / Scenografia: Alessandro Vannucci, Igor Gabriel / Produzione: Vivo Film, Rai Cinema, Tarantula /Italia-Belgio, 2017 / Distribuzione: I Wonder Pictures / Durata: 93 minuti
SUL WEB
Sito ufficiale del film Nico di Susanna Nicchiarelli
Filmografia di Susanna Nicchiarelli
Mostra Internazionale del Cinema di Venezia – Il sito
I Wonder Pictures