Robert Guédiguian è annoverabile tra quei registi che fanno quasi sempre lo stesso film, affezionato in modo quasi ossessivo alla zona di Marsiglia, di cui è originario, a un gruppo di attori che è quasi una famiglia (la moglie Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan) e ad alcuni temi: il conflitto di classe, la violenza del capitale, il ceto popolare, il confronto generazionale, i rapporti d’amore complicati. La casa sul mare (la villa) rappresenta una summa di questi elementi ricorrenti della sua filmografia e un sentito omaggio a un passato di speranze e di utopie in cui si viveva inconsapevoli della propria felicità, come spesso accade quando si è giovani.
La casa dul mare è interamente ambientato a Méjean, borgo marittimo che il turismo e i capitali stranieri stanno per corrompere inesorabilmente. In questo luogo di villeggiatura che si adagia sulla costa come un anfiteatro naturale, Guédiguian porta in scena un dramma familiare dalle forti risonanze sociali. A seguito di un ictus, un uomo anziano rimane immobile e catatonico. Intuendone prossima la fine, il figlio Armand chiama a raccolta i due fratelli Joseph e Angèle per un addio. Armand è il figlio fedele, quello che, forse per paura forse per spirito di sacrificio, non si è mai allontanato dall’alveo famigliare, cura l’orto e gestisce l’umile ristorantino che era stato del padre.
Joseph e Angèle hanno invece posto della distanza tra sé e il luogo d’origine e sono segnati dalla frattura tra passato e presente. Entrambi hanno compiuto un’ascesa sociale, lei diventando attrice teatrale, lui professore universitario. Joseph è un vero e proprio transfuga di classe, diviso in due dal processo di transizione dal mondo umile d’origine al mondo intellettuale, un reduce della rivoluzione sessantottina entrato in fabbrica per solidarietà con gli operai, come fecero alcuni studenti all’epoca, salvo poi accorgersi che gli operai veri non avevano scelto di essere lì (“la cosa mi ha lacerato, sanguino ancora”). Joseph ha una fidanzata molto più giovane, Bérangère, nata borghese ma con un debole per il popolo: “hai la testa a destra e il cuore a sinistra, come tutti”, le dice lui. Angèle ha in sospeso con il passato conti ancora più tragici poiché a Méjan ha perso la figlia bambina e il marito l’ha abbandonata.
I tre fratelli si ritrovano al capezzale del padre come fossero un’intera generazione (o più d’una), costretta ad affrontare il lutto di un’epoca e l’avvento di un mondo inafferrabile, per alcuni addirittura inaccettabile. Viene in mente un libro come Il posto di Annie Ernaux, in cui la morte del padre spinge la scrittrice a tracciare un bilancio esistenziale doloroso che misura la distanza tra genitori e figli, tra chi si è e chi si era (figli di piccoli commercianti poco istruiti) e chi si è diventati (borghesi che leggono Le monde diplomatique). Resta, per consolarsi, la bellezza del mare invernale, del grande albero di Natale sulla piazza del paese e forse l’illusione di un amore che trascende il tempo come quello tra Angèle e il più giovane Benjamin (“ti amo immemorialmente”), pescatore che recita a memoria passi di Claudel, interpretato magnificamente da Robinson Stévenin attore di razza, discendente da una stirpe prestigiosa (è figlio degli attori Jean-François e Claire Stévenin). Come lui, ogni interprete in questo film recita il proprio personaggio ma in una certa misura racconta anche di sé, del proprio lavoro, della propria storia artistica e personale dando luogo a un’elegia corale che tocca il suo apice poetico in una sequenza di repertorio che fa venire i brividi.
Ma in questa commedia umana imbevuta di lutto e nostalgia, esiste anche la possibilità di una speranza per il futuro. Dal mare, infatti, giunge un terzetto di fratellini naufragati durante un viaggio della speranza, forse dalla Siria. L’idea della relazione speculare tra i tre protagonisti e i piccoli profughi può apparire programmatica e sdolcinata ma il cinema di Guédiguian si fonda, e non da ora bensì da quasi quarant’anni, su un’etica della solidarietà e della bontà “scelta contro tutto e tutti”, come rivendica uno dei protagonisti de La casa sul mare. Giù il cappello, dunque, per un autore che ha il coraggio di sottrarsi al cinismo come sola opzione residua a chi desidera approcciare la realtà con sguardo critico.
© CultFrame 09/2017 – 04/2018
TRAMA
Quando l’anziano padre subisce un ictus che lo rende non più autosufficiente, Joseph e Angèle raggiungono il fratello Armand nella casa avita per aiutarlo. Per la famiglia, che non si riunisce in quel luogo da più di vent’anni, è l’occasione di fare insieme un bilancio esistenziale.
CREDITI
Titolo: La casa sul mare / Titolo originale: La Villa / Regia: Robert Guédiguian / Sceneggiatura: Robert Guédiguian, Serge Valletti/ Fotografia: Pierre Milon / Montaggio: Bernard Sasia / Scenografia: Michel Vandestien / Interpreti: Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, Jacques Boudet, Anaïs Demoustier, Robinson Stévenin, Yann Tregouët, Geneviève Mmich, Fred Ulysse, Diouc KomaProduzione: AGAT Films & Cie / Parthénos / Francia, 2017 / Durata: 107 minuti
SUL WEB
Filmografia di Robert Guédiguian
Mostra Internazionale del Cinema di Venezia – Il sito
Parthénos