The Happy Prince ⋅ Un film di Rupert Everett

SCRITTO DA
Silvia Nugara

Nel suo libro Amore in un tempo oscuro: vite gay da Wilde a Almodóvar, Colm Toíbín racconta che quando nel maggio 1897 si stava avvicinando il giorno del rilascio di Oscar Wilde dal carcere di Reading dopo i due anni ai lavori forzati inflittigli per sodomia, il direttore disse a Robert Ross, critico letterario e amico dello scrittore: “Ha un bell’aspetto ma come tutti gli uomini non avvezzi al lavoro manuale che scontano una condanna del genere, nel giro di due anni sarà morto”. Purtroppo la realtà non lo smentì e il film di Rupert Everett ripercorre proprio quegli ultimi scampoli di vita fino al luglio del 1900 in cui lo scrittore si spense a Parigi.

Alla sua prima regia, il versatile Rupert Everett dirige se stesso nei panni di un Wilde ormai alla deriva che viene portato a Dieppe dai fedeli amici Reggie Turner e Robert Ross, poi parte per Napoli con l’amante Lord Alfred Douglas detto “Bosie”, infine giunge a Parigi distrutto e completamente in miseria. Lì si aggira per i bassifondi elemosinando qualche soldo da vecchie ammiratrici, cercando quella tenerezza mercenaria che soprannominava “momenti viola” e frequentando bettole dove esibirsi in qualche canzonaccia licenziosa gli permetteva di alleggerire il conto. L’attore-regista sfoggia dunque ancora una volta le sue doti canore, dopo la celebre scena de Il matrimonio del mio migliore amico (1997), forse una delle ultime prove d’attore in cui Everett giocava la carta del sex appeal.

Rupert Everett

Ormai trasformato nel corpo e nel volto dall’età, da qualche infausto ritocchino e da una vita spericolata molto ben narrata in due volumi autobiografici veramente godibili (Red Carpets and Other Banana Skins del 2006 e Vanished Years del 2012), da molto tempo l’attore inglese non è più il bel tenebroso che fu. Ma questo gli ha anche permesso di modulare spesso i ruoli recenti sul grottesco (La pazzia di Re Giorgio), sul parodico (St. Trinian’s 1 e 2) e sul mostruoso addirittura. Qui per esempio, l’epilogo della vita di Wilde regala al film una presenza corpulenta e un paio di scene di liquidi corporei abbastanza ripugnanti.

Rupert Everett
Assieme al non più giovane e non più bello Rupert Everett, recita nella parte del sodale Reggie, il non più giovane ma sempre bello Colin Firth (che del film è anche uno dei produttori esecutivi). Everett e Firth si ritrovano così ancora una volta insieme sullo schermo a quasi trentacinque anni da quell’Another Country (1984) che trasformò Everett in una star internazionale. Anche lì, in un’ambientazione molto British, il suo personaggio pativa le conseguenze di una morale dominante ostile all’omosessualità. Ad un certo punto di The Happy Prince, c’è una scena di ragazzi inglesi che giocano a cricket che ne evoca una proprio di quell’indimenticabile pellicola. Accanto ai due, recitano anche Emily Watson (la moglie Constance), Colin Morgan (Alfred Bosie Douglas), Edwin Thomas (Robert Ross) e in brevi cameo compaiono l’amica di sempre di Everett Béatrice Dalle (tenutaria di un café chantant) e Tom Wilkinson (il prete che somministra l’estrema unzione).

Non indimenticabile, questo The Happy Prince è però un omaggio sentito a un’icona della libera espressione, nume tutelare di tanti artisti dissidenti rispetto alle convezioni di genere e sessualità che nel tempo hanno dovuto pagare anche in modo crudele per i propri desideri di essere e di amare. Se il biopic Wilde del 1997 mostrava il modo in cui l’autore dell’Importanza di chiamarsi Onesto usciva allo scoperto nel vivere quell’amore che non osa dire il proprio nome, The Happy Prince si concentra invece soprattutto sull’ostilità diffusa e virulenta della società britannica (ma non solo). Un’ostilità che si sviluppò con il processo e che Everett rende attraverso una fotografia scura e ambientazioni claustrofobiche ma anche attraverso una narrazione con frequenti flashback in cui la psiche del personaggio sembra riavvolgersi continuamente su stessa in una continua sofferenza.

© CultFrame 02/2018

Film presentato alla 68° Berlinale

TRAMA
Dopo il rilascio dal carcere di Reading, gli ultimi tre anni della vita di Oscar Wilde, di miseria, di dolore e malattia, sono gli anni del De profundis, del canto del cigno. Ciononostante, lo scrittore continuò a ricevere l’aiuto e la protezione di amici fedeli come Robbie Ross e Reggie Turner.


CREDITI

Titolo originale: The Happy Prince / Regia: Rupert Everett / Sceneggiatura: Rupert Everett / Fotografia: John Conroy / Montaggio: Nicolas Gaster / Musica: Gabriel Yared / Scenografia: Brian Morris/ Interpreti: Rupert Everett, Colin Morgan, Edwin Thomas, Colin Firth, Emily Watson, Tom Wilkinson, Béatrice Dalle / Produzione: Philipp Kreuzer, Jörg Schulze, Sébastien Delloye, Carlo Degli Eposti, Nicola Serra, Frank Evers / Distribuzione: The Vision Distribution / Germania, Belgio, Italia, 2017 / Durata: 105 minuti

SUL WEB
Sito ufficiale del film The Happy Prince di Rupert Everett
Filmografia di Rubert Everett
Berlinale – Il sito

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Silvia Nugara

Silvia Nugara ha un dottorato di Linguistica Francese e i suoi interessi ruotano attorno alle relazioni tra il linguaggio e la costruzione della realtà sociale, con particolare riferimento agli immaginari e ai discorsi relativi alle soggettività di genere. Attualmente è redattrice di Punto di Svista e Cultframe - Arti visive.

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