C’è una duplicità perfetta nell’ultimo film di Matteo Garrone, che inizia a prendere forma fin dal titolo. Dogman è Marcello, un uomo piccolo piccolo che si occupa della toelettatura dei cani nel suo negozio di periferia. Tutto intorno sabbia e cemento, e un orizzonte grigio che si perde in un’inesorabile sconfitta sociale. Ma Dogman è anche Simoncino, un ex pugile imponente e dal volto sfigurato, un tossicodipendente che ha deciso di appropriarsi di quel quartiere in cui sembra valere solo la legge del più forte.
Marcello ha un corpo esile e due occhi grandi e profondamente comunicativi, proprio come quelli dei cani di cui si prende cura. Per loro prova un affetto sincero, indipendentemente dalla loro indole o dalla loro taglia. Non arretra e non demorde nemmeno di fronte a un pitbull che ringhia rabbioso: sa che quella reazione è dettata dalla paura e che basta avere un po’ di pazienza e un piccolo premio per ottenere fiducia e affetto. Per lui, questa, è una regola esistenziale. La applica sul lavoro, con i cani che chiama sempre per nome o con un dolce appellativo (“amore”), ma anche nella vita che si svolge al di là da quel rifugio che è il suo negozio. Lì fuori c’è una comunità, un “branco” di uomini che gestisce le altre attività di zona: una trattoria, una sala slot, un “compro oro”. Anche loro possono essere aggressivi, ma per avere il loro rispetto Marcello è disposto a tutto. Anche addomesticarli con una dose di cocaina. Non c’è un intento criminale in quella che ormai, per tutti, è una prassi: Marcello ha bisogno di essere benvoluto e di essere riconosciuto come un loro pari. È affamato di affetto, lo stesso che trova nei suoi adorati cani e nella figlia Alida. Quando si immerge nei fondali del mare con lei, la profondità del suo amore emerge in tutta la sua potenza.
L’apparente equilibrio di questo angolo di purgatorio, in cui ogni lupo ha la propria tana, si rompe quando Simoncino decide di diventare il capobranco. La sua ferocia annichilisce Marcello: non può opporvisi, e non perché non sarebbe in grado di farlo. Proprio come un bastardino che, pur maltrattato, torna sempre dal proprio padrone, Marcello non può far altro che continuare ad essere fedele, a discapito della sua stessa sicurezza: il branco non deve sfaldarsi. Simoncino, però, è indifferente al sacrificio di Marcello. Lo ha reso un escluso, un randagio nel luogo che prima considerava la propria casa.
Lontano dalla cronaca di un delitto avvenuto nel 1988 (la vicenda del “canaro” della Magliana), che è solo un pretesto subito abbandonato, Garrone racconta una storia tragica attraverso la struttura narrativa tipica della fiaba. Marcello sembra un bambino di fronte a chiunque altro, uomo o animale che sia, e diventa ancora più piccolo quando l’ombra di un orco si forma dietro una porta del suo negozio. Deve sconfiggerlo per salvare il quartiere dai suoi soprusi, e nel liberare gli altri, libererà anche se stesso da una vita di umiliazioni intollerabili. Il regista lo osserva con tenerezza: la profonda umanità di Marcello appare come una reale opportunità di riscatto per una comunità persa, che affonda lentamente nel fango, ma il protagonista di Garrone è incapace di vedere il mondo per quello che è. Nel contesto di una degradata staticità sociale e morale come quella qui rappresentata, Davide può sconfiggere Golia, ma la sua vittoria non verrà festeggiata e lui non sarà portato in trionfo. Ecco il senso del profondo silenzio che fa da cornice alla ribellione di Marcello: il tonfo del gigante che cade, finalmente sconfitto, risuona nel vuoto, e non c’è nessuno intorno ad ascoltarlo.
Il vero nemico è molto più grande e potente, ed è l’indifferenza. Garrone la dipinge con uno sguardo che ricorda da vicino quello del neorealismo, osserva senza aggiungere ciò che non sarebbe necessario, lascia che gli eventi si realizzino davanti ai suoi e ai nostri occhi. E il risultato è poeticamente straziante.
© CultFrame 05/2018
TRAMA
In una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l’unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l’amore per la figlia Alida, e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino, un ex pugile che terrorizza l’intero quartiere. Dopo l’ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall’esito inaspettato.
CREDITI
Titolo: Dogman / Regia: Matteo Garrone / Sceneggiatura: Ugo Chiti, Massimo Gaudioso, Matteo Garrone / Montaggio: Marco Spoletini / Fotografia: Nicolaj Bruel / Musica: Michele Braga / Scenografia: Dimitri Capuani / Interpreti: Marcello Fonte, Edoardo Pesce, Nunzia Schiano, Adamo Dionisi, Francesco Acquaroli, Alida Baldari Calabria, Gianluca Gobbi / Produzione: Archimede, Le Pacte, Rai Cinema / Paese: Italia / Francia, 2018 / Distribuzione: 01 Distribution / Durata: 102 minuti
SUL WEB
Filmografia di Matteo Garrone
01 Distribution