The Touch That Made You. Mostra fotografica di Torbjørn Rødland a Milano

SCRITTO DA
Daniel Montigiani
Da sinistra a destra: Torbjørn Rødland, Pump, 2008-2010; Red Pump, 2014. Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Prada.
Da sinistra a destra: Torbjørn Rødland, Pump, 2008-2010; Red Pump, 2014. Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Prada.

Da sinistra a destra: Torbjørn Rødland, Pump, 2008-2010; Red Pump, 2014. Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Prada.

Fotografi contemporanei come Araki e LaChapelle sono celebri soprattutto per le loro visioni spesso radicali, capaci di catturare subito l’attenzione. Un’immagine, tuttavia, può colpire – e turbare – anche senza essere scioccante, immediatamente forte. Per avere una conferma di ciò è sufficiente visitare la mostra The Touch That Made You di Torbjørn Rødland negli spazi di Osservatorio Prada, in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano.

In apparenza numerosi lavori del fotografo norvegese, classe 1970, non sembrano infatti avere niente di particolarmente disturbante. A uno sguardo più attento, però, è possibile notare alcuni elementi e dettagli che, come suggestive “stonature” sistemate ad hoc dall’artista, fanno emergere tutta l’aura morbosamente ambigua ed enigmatica delle sue opere. In Baby (2007), ad esempio, un bambino di – probabilmente – poco più di un anno guarda verso l’obiettivo con inquietante sicurezza mettendosi una mano sul cuore, dando così l’impressione di aver compiuto intenzionalmente quel gesto; in Film Face (2008 – 2013) il volto di una ragazza dall’aria pensosa è ricoperto di strati di plastica trasparente, simili a soffocanti frammenti di un’improbabile maschera per il viso.

Torbjørn Rødland, Midlife Dilemma, 2015. Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Prada

Torbjørn Rødland, Midlife Dilemma, 2015. Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Prada

Altrettanto conturbanti sono le fotografie prive della presenza umana: in Black Beetle (2011) una raffinata porzione di un interno in bianco e nero è “deturpata” da uno scarafaggio morto, bizzarramente posto al centro di un francobollo. Nonostante questa serie di visioni tutt’altro che rassicuranti, è impossibile non notare la matrice ironica di alcune opere: in Hair (2010 – 2014) delle arance sono circondate da peli e capelli, quasi una parodia grottesca, caustica delle illustrazioni presenti nei cataloghi dei grandi magazzini o dei supermercati. Rødland riesce dunque a turbare, a farsi notare con un tocco spesso assolutamente discreto – ma a dir poco efficace, potente.

Tocco Touch – è, tra l’altro, la parola chiave del titolo della mostra; lo stesso autore spiega infatti che touch rimanda «ai processi analogici: il tocco della macchina fotografica, il tocco della luce che colpisce la pellicola, il tocco dei liquidi che scorrono sulla pellicola durante lo sviluppo. Ed è una cosa che collego alla complessità e all’intimità di alcuni soggetti – gli incontri tra due individui o tra oggetti e corpi». Inoltre, come si legge nel comunicato stampa della mostra, «l’artista lavora con la fotografia analogica creando delle messe in scena costruite e precise. Nel suo processo creativo convivono quindi una dimensione di controllo che esercita sulle persone e sugli oggetti all’interno del set e una componente di sorpresa e imprevedibilità, in quanto il risultato finale dei suoi sforzi è visibile solo quando l’immagine è sviluppata e stampata su carta fotografica».

Torbjørn Rødland, First Abduction Attempt, 2014-2016. Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Prada

Torbjørn Rødland, First Abduction Attempt, 2014-2016. Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Prada

E proprio una macchina fotografica è presente in The Photographer (2015), sorretta, però, da un paio di mani monche. Una visione questa così (brutalmente) evocativa da porsi (anche) come perturbante metafora dell’impotenza di un fotografo nei confronti della realtà, della sua impossibilità di capirla veramente attraverso l’obiettivo, di dominare con i suoi scatti ciò che lo (ci) circonda.

Un limite, questo, che, tuttavia, a ben vedere, può risultare decisamente utile, se non addirittura necessario, perlomeno da un punto di vista creativo: non pochi artisti, difatti, hanno visto – e ancora vedono – nell’inestricabile ambiguità delle immagini un mezzo con cui poter rendere più solida e personale la loro poetica.

Rødland, per fortuna, rientra fra questi. E la mostra – che comprende anche tre video in successione girati dal fotografo – ce lo conferma in maniera magistrale.

 

 

© CultFrame 05/2018

INFORMAZIONI
Mostra: Torbjørn Rødland – The Touch That Made You / A cura di Hans Ulrich Obrist e Amira Gad
Dal 5 aprile al 20 agosto 2018
Osservatorio Fondazione Prada, Galleria Vittorio Emanuele II, Milano / Tel. 0256662611; 0256662612 (servizio visitatori); 0256662634 (Press) / Info@fondazioneprada.org; visit.milano@fondazioneprada.org (servizio visitatori); press@fondazioneprada.org (press)
Orario: lunedì – mercoledì – giovedì – venerdì: 14.00 – 20.00; sabato e domenica: 11.00 – 20.00; chiuso il martedì
Ingresso: 15 euro

SUL WEB
David Kordansky Gallery, Los Angeles – Immagini di Torbjørn Rødland
Fondazione Prada, Milano

 

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Daniel Montigiani

Laureato in Scienze dello Spettacolo e diplomato al Master di Critica Giornalistica presso l'Accademia d'Arte Drammatica Silvio D'Amico, è critico cinematografico e membro del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI). Ha collaborato con le riviste online Recensito e Paper Street. Fra le sue pubblicazioni: Non solo paura: ironia e black humour, saggio contenuto in Cuore di tenebra: il cinema di Dario Argento (Edizioni Ets) e il libro American Horror Story. Mitologia moderna dell'immaginario deforme (Viola Editrice) scritto con Eleonora Saracino.

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