Ambientato nell’America degli anni Cinquanta, The Mountain ambisce a confezionare una critica nei confronti del potere in diverse sue forme. Il primo è il potere dei padri duri e anaffettivi con i figli, ma su questo il film non si sofferma troppo e il genitore del protagonista, come spesso capita ai personaggi interpretati da Udo Kier nelle coproduzioni internazionali, esce di scena presto. Il potere dei padri corrisponde a quello degli uomini sulle donne e questo permea tutto il film. Poi c’è il potere psichiatrico, rappresentato dal personaggio del dott. Wallace Fiennes, ispirato alla figura realmente esistita di Walter Freeman, acceso sostenitore della lobotomia in un Paese che iniziava a convertirsi alle cure farmacologiche.
Alla morte del padre, il giovane e introverso Andy incontra Fiennes, che aveva in cura la madre. Il medico prende il ragazzo in simpatia e gli chiede di accompagnarlo in un viaggio promozionale a sostegno della pratica lobotomica attraverso varie cliniche statunitensi come proprio fotografo di fiducia. Fiennes, infatti, intrepretato da un Jeff Goldblum in vena di virtuosismi, è un tipo ben poco “normale”: donnaiolo, egocentrico ad alti livelli con una passione feticistica per le immagini, allestisce veri e propri set in cui rappresenta le persone lobotomizzate oppure si fa immortalare in pose eroiche con tanto di infermiere che scrutano l’orizzonte. Dunque la sua figura condensa in sé anche il potere di chi fabbrica immagini creando finzioni e da committente prevarica sia la volontà dei pazienti fotografati sia del fotografo Andy che si limita a premere il pulsante dell’otturatore finendo per subire gli effetti tossici dell’operato di Fiennes.
La seconda parte del film è dominata dalla presenza di uno strano uomo che i due incontrano a un certo punto del viaggio. Questi, interpretato da un Denis Lavant caricaturale, desidera “guarire” la figlia con una lobotomia. Si scopre che l’uomo è una specie di santone pazzo, dunque uno che manipola le menti con altri mezzi rispetto a quelli di Fiennes. Attraverso queste figure, The Mountain vorrebbe raccontare la violenza della manipolazione mentale e le insidie dell’acquiescenza ma non coglie nel segno finendo ostaggio delle sue guest star come accade al protagonista, un dimesso Tye Sherdian (che sembra destinato a diventare una star vera e propria fin da quando Malick lo scelse come attore bambino per The Tree of Life).
Il film è costruito con una serie di quadri dai cromatismi tenui nei toni del grigio e del marroncino, tableaux vivant in cui dominano situazioni tipiche di uno spazio e di un tempo quali un gruppo di operai che giocano a carte ascoltando Blue Moon, un diner spoglio, una garage sale, un ospedale psichiatrico, un cottage nella foresta, delle pattinatrici che danzano riprese dall’alto a comporre geometrie da musical coreografico. Peccato che tali immagini e l’evocazione un po’ criptica del mito dell’androgino e della simbologia della montagna che popolano i sogni di Andy e il vaneggiare del personaggio di Lavant si risolvano in uno stucchevole e a tratti pretenzioso affresco di maniera vintage in formato 4/3.
© CultFrame 08/2018
TRAMA
Andy è un ragazzo introverso, che alla morte del padre viene preso in simpatia dallo psichiatra Wallace Fiennes che gli chiede di accompagnarlo in un viaggio attraverso varie cliniche per promuovere l’uso della lobotomia. L’incarico di Andy è di contribuire all’impresa promozionale scattando fotografie del medico e dei suoi pazienti.
CREDITI
Titolo: The Mountain / Regia: Rick Alverson / Sceneggiatura: Rick Alverson, Dustin Guy Defa, Colm L’Leary / Montaggio: Michael Taylor, Rick Alverson / Fotografia: Lorenzo Hagerman / Scenografia: Jacqueline Abrahams / Interpreti: Tye Sheridan, Jeff Goldblum, Hannah Gross, Denis Lavant, Udo Kier / Produzione: VICE Studios, Remergence / Paese: Usa / Durata: 106 minuti
SUL WEB
Filmografia di Rick Alverson
Mostra Internazionale del Cinema di Venezia – Il sito