Definire La Casa dei Libri un film “letterario” potrebbe apparire tautologico, ma tant’è. E non in senso positivo. Da un libro mediocre di Penelope Fitzgerald la regista Isabel Coixet (colpevole pure della sceneggiatura) ricava un filmetto che si crede furbo, ma risulta soltanto insopportabile. La Casa dei libri celebra la morte del cinema, sostituito da un’ibridazione ripugnante tra romanzo Harmony e rivoluzione da salotto, parametrato sui festival e pensato per un pubblico agé che senz’altro troverà una rassicurante conferma della propria cultura progressista.
Creazione totalmente femminile dalla pagina allo schermo, il film si adagia subito nel clichè più prevedibile, fino a sottolineare le proprie nobili origini mediante l’abuso di una voice-over ridondante e didascalica: è un cinema che si vergogna di se stesso, che appalesa un profondo complesso di inferiorità verso la pagina scritta, intesa superficialmente come feticcio culturale. Come l’oggetto libro diviene simbolo di libertà (abusato feticcio, appunto), così i personaggi si riducono anch’essi a simboli, piatti simulacri di un’umanità convenzionale: la giovane vedova anticonformista e battagliera, l’aristocratica “stronza” e prepotente, il misantropo dal cuore d’oro, la star televisiva superficiale ed untuosa, i villici di contorno ignoranti, ma tanto buoni.
La pervicace Coixet non ci risparmia nulla e tra invasive bordate di archi, smorfie maligne della sopravvalutata Clarckson e broncetti della povera Mortimer, l’unica consolazione dello spettatore sono le, purtroppo poche, apparizioni del grande Bill Nighy, dolente eremita alla scoperta della narrativa contemporanea: sono istanti preziosi i brevi scambi di impressioni letterarie, la sorpresa di fronte alla fantascienza di Bradbury, la curiosità per il caso editoriale dell’anno, “Lolita”, la riscoperta dell’altro attraverso la pagina scritta.
Narrativamente inconsistente, i rari accadimenti paiono privi di motivazione, drammaturgicamente debolissimo, definirlo prevedibile è un eufemismo, La Casa dei libri si avvia con falsa modestia e con autentica prosopopea verso un finale tanto agognato quanto insensato, concludendosi con una nota egocentrica oltremodo irritante e spiegata attraverso l’insopportabile voce narrante, per gli spettatori più ottusi che ancora non ci fossero arrivati da soli.
© CultFrame 10/2018
TRAMA
Nel 1959, Florence Green, una vedova dallo spirito libero, decide di lasciarsi alle spalle il dolore per la perdita del marito e aprire la prima libreria della sonnolenta cittadina costiera di Hardborough, in Inghilterra. Sfidando la mentalità bigotta della gente, inizia a provocare il risveglio culturale del posto vendendo anche romanzi che generano scandalo.
Troverà un alleato nella figura di Mr. Brundish, ma anche valenti oppositori come la signora Gamart.
CREDITI
Titolo: La casa dei libri / Titolo originale: The Bookshop / Regìa: Isabel Coixet / Sceneggiatura: Isabel Coixet dall’omonimo romanzo di Penelope Fitzgerald / Fotografia: Jean-Claude Larrieu / Montaggio: Bernat Aragonès / Scenografia: Llorenç Miquel / Musica: Alfonso de Vilallonga / Interpreti principali: Emily Mortimer, Bill Nighy, Patricia Clarkson / Produzione: Diagonal TV, Green Films, One Two Films / Distribuzione: BIM / Paese: Spagna, G.B., Germania, 2017 / Durata: 113 min.