La nuova versione di Suspiria firmata Guadagnino è ambientata nell’autunno 1977, l’anno di produzione del film di Dario Argento. L’azione si svolge sempre in Germania ma questa volta la malefica scuola di danza dove la giovane americana Susie ha sempre sognato di iscriversi ha sede nella Berlino divisa dal Muro e in allarme per gli attentati della RAF e per il presunto suicidio collettivo dei membri della Banda Baader-Meinhof.
A un anno dal quarantennale della pellicola che è diventata un classico dell’horror italiano, Guadagnino evita il confronto con l’impianto visivo dell’originale proprio scegliendo un’ambientazione più dimessa e plumbea ma ripropone analoghe forme e ideologie post-moderne rimasticando la storia del Novecento (in modo qui ancora più esplicito e ‘slatentizzato’ costituendo una parte importante ma al contempo puramente accessoria nell’intreccio), le citazioni psicanalitiche (Lacan) e non (dando per esempio allo psicanalista che potrebbe salvare le protagoniste il cognome di Klemperer, noto autore del fondamentale studio sulla propaganda nazista intitolato LTI, la lingua del Terzo Reich), musicali (i Clash, David Bowie, il risuonare di una nota esecuzione di Klaus Nomi sullo sfondo di una scena), etc.
Dalla collaborazione con lo sceneggiatore David Kajganich, con cui il regista palermitano aveva già rimesso in scena a suo modo La piscina (1968) di Jacques Deray nell’a tratti grottesco A Bigger Splash (2015), ci si poteva attendere scivoloni anche maggiori, e invece lo spettatore è invitato a entrare gradatamente nei risvolti horror del film da una divisione in capitoli con buffi titoli di prammatica (sei più epilogo, senza contare il prologo, ma ovviamente gli epiloghi saranno più d’uno) e dalla padronanza di mezzi espressivi di un Guadagnino che si tiene a freno, dosando inizialmente il gore e la poca propensione alla verosimiglianza delle trame argentiane. Inoltre, l’uso del mondo della danza per portare avanti un discorso sulla manipolazione di corpi e menti che ha per fine il dominio degli esseri umani ha ancora più spazio che nel primo film, con qualche debito a Il cigno nero (2011), in cui era puro pretesto; e le streghe paiono aggiungersi allo stato nello sfruttare il terrorismo per indurre le persone all’autodistruzione o liberarsene.
Tuttavia, non è il caso di prendere davvero sul serio tali temi anche perché, se il nuovo Suspiria sembra lasciare molti eccessi potenziali fuori della porta, come si suol dire, ecco che questi rientrano dalla finestra sia nella scena del rito stregonesco finale sia nella scelta di fare interpretare a Tilda Swinton due dei personaggi principali (ma ce ne sarebbe un terzo), la maestra di danza palesemente ispirata a Pina Bausch e il prof. Klemperer, recitando oltre tutto in inglese, tedesco e francese: come già in Ave, Cesare! (2016) dei fratelli Coen e in Okja (2017) di Bong Joon-ho, in cui l’attrice interpretava due sorelle, e diversamente da Orlando (1992) in cui il doppio ruolo femminile/maschile aveva tutt’un altro, forte, senso. Tale tour de force recitativo resta un puro divertissement dilatato oltre i confini del film dal fatto che la produzione ha creato e diffuso un apposito falso profilo dell’attore che avrebbe interpretato l’anziano professore tedesco.
Sorvolando sulla presenza scenica della protagonista Dakota Johnson, il restante cast femminile è stato composto in modo accurato arruolando volti storici del cinema tedesco, da Ingrid Caven ad Angela Winkler, ed europeo con un cameo della protagonista dell’originale, Jessica Harper. Per non dire del contributo musicale di Thom Yorke (Radiohead) alla colonna sonora. Convinto di poter annullare ogni distanza tra cultura alta e cultura di massa, Guadagnino intende rivolgersi a un pubblico internazionale disposto ad accettare il suo gioco, a riconoscere tutti i segnali stereotipici disseminati nel racconto (i riferimenti a danza e psicanalisi, magia e terrorismo, arte e politica); il principale aggiornamento rispetto all’originale è però quello di una sottotrama sentimentale con cui il film significativamente si chiude evitando di lasciare gli spettatori con una nota perturbante. E questo non sarebbe piaciuto al Fassbinder tanto citato da Guadagnino.
© CultFrame 09/2018 – 01/2019
Film presentato alla ⋅75. Biennale Cinema di Venezia
TRAMA
Dai tempi del nazismo, a cui seppe resistere, ha sede a Berlino una storica accademia di danza diretta da un gruppo esclusivamente femminile. Nel 1977, l’americana Susie chiede di potervisi iscrivere e approfitta della scomparsa di un’altra ragazza per alloggiare nell’istituto stesso. Potrebbe essere l’inizio di una promettente carriera ma nella scuola si verificano fatti strani uno dopo l’altro. Tra le direttrici vi sono forse due fazioni contrastanti sul futuro dell’accademia?
CREDITI
Titolo: Suspiria / Regia: Luca Guadagnino / Sceneggiatura: David Kejganich / Montaggio: Walter Fasano / Fotografia: Sayombhu Mukdeeprom / Scenografia: Inbal Weinberg / Musica: Thom Yorke / Interpreti: Dakota Johnson, Tilda Swinton, Mia Goth, Chloë Grace Moretz / Produzione: Frenesy Film Company, Videa, First Sun, Memo Films / Distribuzione: Video CDE / Paese: Italia / Durata: 152 minuti
SUL WEB
Filmografia di Luca Guadagnino
Mostra Internazionale del Cinema di Venezia – Il sito