Non ci sono molti scrittori che sono riusciti a passare dietro la macchina da presa con altrettanto successo rispetto alla pagina scritta. Uno degli esempi più clamorosi in tal senso è quello dello scrittore e sceneggiatore, spesso per Wim Wenders, Peter Handke. Infatti, nel 1978 l’autore austriaco ridusse per il cinema uno dei suoi libri più emblematici, La donna mancina (romanzo scritto nel 1976). Questa pellicola, che fu presentata anche al festival di Cannes (dove come scrisse Tullio Kezich nel suo Nuovissimo Millefilm, “è passata suscitando una perplessa ammirazione”), rimane l’opera migliore di Handke, nonostante abbia firmato ad oggi ancora un paio di film anche per la tv.
Eppure La donna mancina, film mai uscito in dvd e nemmeno in vhs, risulta essere una delle migliori trasposizioni cinematografiche di un testo letterario e, soprattutto, rappresenta una delle più moderne immagini della società “degli uomini” della nostra epoca. E a distanza di quaranta anni non appare sfocata neanche un po’.
Peter Handke “racconta” di una donna, Marianne, archetipo assoluto, che annuncia a suo marito, di ritorno da un viaggio in Finlandia, che vuole rimanere a vivere da sola col figlio. Non ha paura Marianne di confrontarsi con se stessa e il proprio vuoto, non esita a rifiutare qualsiasi tipo di compagnia, a intraprendere, immediatamente e in modo quasi “animalesco”, il lavoro a lei più congeniale, quello di traduttrice. Lavoro strano per una persona che usa le parole così poco. Una decisione, questa, che mette in discussione rapporti, amicizie varie, valori, affetti. Anche perché non ci sono motivi apparenti e psicologicamente accettabili per questa presa di posizione. Così, niente scene madri, solo leggeri movimenti di macchina che richiamano Antonioni, dialoghi ridotti all’osso e sguardi che racchiudono un male di vivere all’ennesima potenza.
Ma già nel suo romanzo Peter Handke sembrava munito di camera. Mereghetti nel suo Dizionario dei film ci informa che il tutto nasce, infatti, come progetto cinematografico, davanti a cui si estendeva il corollario delle volontà di Marianne. Ed è cosi che nel suo lavoro inquadra il volto della sua protagonista, un’eccezionale Edith Clever, come una serie di espressioni in cui si sviluppano tutte le sfumature dell’anima della donna, anche quelle più impercettibili.
Se Peter Handke non avesse firmato uno dei capolavori di Wenders, tra gli altri, come Falso movimento, trascurando il mistico e sopravalutato Il cielo sopra Berlino, non avremmo potuto capire come abbia fatto a (s)coprire con la sua macchina da presa tutto il vuoto metafisico che si trova davanti agli occhi di Marianne e di suo marito Bruno, nonostante le strade, i palazzi e la natura (ah… quei fiocchi di neve che cadono così leggeri) che riempiono il nostro sguardo, ma non il loro.
La mia unica visione (a parte alcune sequenze recuperate su You Tube) risale al 1980, ma nonostante ciò posso dire come un certo cinema di Lars Von Trier debba molto a questa pellicola di Handke. Sicuramente, tutto è dovuto al sapiente lavoro del fantastico direttore della fotografia, l’olandese e ormai scomparso Robby Müller che ha firmato Le onde del destino ma anche molti film di Wenders. Infatti, il maestro tedesco è onnipresente (non solo come produttore) in questo lavoro del suo sceneggiatore Handke: con il suo montatore Peter Przygodda, alcuni dei suoi attori migliori come il recentemente scomparso Bruno Ganz (qui in una delle sue interpretazioni più sensibili) e Rudiger Vogler. Nel cast, anche il regista Bernhard Wicki, la recentemente vista in Suspiria di Guadagnino Angela Winkler, Gérard Depardieu e Michael Lonsdale. Una nota di merito va all’enorme Edith Clever, attrice sublime già moglie del regista Hans-Jürgen Syberberg, l’autore del monumentale Hitler, un film dalla Germania. Tra l’altro, la Clever si era già incontrata con Bruno Ganz qualche anno prima ne La marchesa von… di Rohmer, un altro capolavoro del cinema Europeo.
Dimenticavo: nel titolo la parola “mancina” non indica l’uso della mano sinistra da parte di Marianne ma, come ci spiega la traduttrice del romanzo, Anna Maria Carpi, per «mancino» si iintende “maldestro” o “strambo”.
In Italia è stato distribuito con 15 minuti di tagli. Chissà perché! Buona ricerca.
© CultFrame 02/2019
TRAMA
Marianne è una donna che per andare alla ricerca di se stessa abbandona il marito e sopporta a stento il figlioletto. Nel suo viaggio interiore avrà modo di capire, o di crederlo soltanto.
CREDITI
Titolo: La donna mancina / Titolo originale: Die linkshändige Frau / Regìa: Peter Handke / Sceneggiatura: Peter Handke / Fotografia: Robby Müller / Montaggio: Peter Przygodda /Musica: Uli Winkler / Interpreti principali: Edith Clever, Bruno Ganz, Rudiger Vogler, Angela Wingler, Bernhard Minetti, Bernhard Wicki, Gérard Depardieu / Produzione: Wim Wenders / Paese: Germania, Francia / Anno: 1978 / Durata: 119 min uncut. Versione italiana 95min / Distribuzione: Beam Reak (1981)
SUL WEB
Filmografia di Peter Handke