Diamo a Roy Andersson ciò che è di Roy Andersson. Riconosciamogli il rigore contenutistico, narrativo e visuale che caratterizza il suo cinema, la misura assoluta del racconto, l’equilibrio sopraffino tra tragedia e commedia, tra realismo e tendenza al grottesco, tra sorriso e angoscia. Non sono molti i registi che, oggigiorno, riescono a operare in tal senso, soprattutto senza autocompiacimenti espressivi e sbavature estetiche. Dunque, nonostante avessimo espresso alcuni dubbi sul suo precedente (famoso) lavoro già vincitore del Leone d’Oro alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2014, Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza, dobbiamo confessare, invece, come About Endlessness (Om det oändliga) ci abbia convinto senza riserve.
Quest’ultimo lungometraggio è, infatti, un piccolo capolavoro di sintesi espressiva. È ancora più scarno, essenziale, pulito, semplice e antinarrativo del precedente lungometraggio. Ci sembra di poter dire che si tratta di un’opera matura, in cui la poetica dell’autore si è autodelineata in maniera inequivocabile e definitiva.
Il film è un insieme di “quadri” sulla sconvolgente tristezza dei comportamenti umani, sull’assurdità che tutti noi viviamo nella vita quotidiana, sul non senso dell’esistenza, sulla solitudine dell’individuo, sull’assenza totale di comunicazione, in sostanza sulla nullità del tutto.
Il cinismo di Roy Andersson raggiunge vette inverosimili, e a tratti veramente sublimi. I suoi personaggi squallidi e alienati vagano nella realtà in una solitudine mostruosa e tragicomica. Come avrebbe potuto dire Carmelo Bene, i personaggi di About Endlessness sono dei non-nati, o dei già morti-viventi, soggetti che compiono azioni insulse e inutili (anche quando sembrano voler pensare in grande, troppo in grande).
Facce bianche fatasmatiche, corpi sfatti, vestiti penosi, camminate sbilenche, sguardi persi nel nulla, eserciti sconfitti che vagano nella neve, persone sole che armeggiano intorno a una vettura ferma. C’è un dolore sottile che attraversa le esistenze delle persone, un dolore che confina con l’assurdo, il grottesco, il comico. Ma il comico inteso, però, come luogo dell’impossibilità del senso, come negazione del valore del comportamento e dell’azione, come assenza di significato.
Le immagini sono tutte caratterizzate da colori sbiaditi, slavati, e allo stesso tempo cupi e ogni inquadratura si colloca pienamente in un solco estetico che riguarda l’intera produzione visuale del Nord Europa, non solo della Scandinavia ma anche dei Paesi Bassi. I corpi umani sono spesso immobili, ammassi di carne incapaci di sussulti e di vere emozioni, strutture organiche immerse nell’evidente illogicità del reale.
Estremamente divertente e riuscita è a nostro avviso la citazione/parodia di Luci d’Inverno di Ingmar Bergman. Nel caso del film di Andersson, un prete è disperato perché ha perso la fede in Dio e cerca scompostamente aiuto in un medico che lo guarda con meravigliosa indifferenza fino a doverlo cacciare dal suo studio.
About Endlessness ha una durata perfetta di settantotto minuti, è un’evoluzione, nettamente al meglio, rispetto a Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza. É un esempio di misura ed essenzialità cinematografica. Tutto (o quasi) è stato giustamente sottratto, tolto di scena.
Ci domandiamo ora: cosa potrà fare Roy Andersson nel suo prossimo film?
© CultFrame 09/2019
TRAMA
Innumerevoli microracconti di un’umanità triste, angosciata, sempre sull’orlo del grottesco e del comico, nonostante la vita sia una vera e propria tragedia.
CREDITI
Titolo: About Endlessness / Regia: Roy Andersson / Sceneggiatura: Roy Andersson / Fotografia: Gergely Pálos / Interpreti: Martin Serner, Jessica Louthander, Tatiana Delaunay and Anders Hellström, Jan Eje Ferling , Bengt Bergius , Thore Flygel / Produzione: Roy Andersson Film Produktion, Essential Films, 4/2 Fiksjon / Paese: Svezia, Germania, Norvegia, 2019 / Durata: 78 mins.
SUL WEB
Filmografia di Roy Andersson
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito