A Herdade ⋅ Un film di Tiago Guedes ⋅ 76. Biennale Cinema di Venezia ⋅ Concorso

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

Alcune regole fondamentali per costruire un film da festival: durata del lungometraggio oltre i centocinquanta minuti, inquadrature più lunghe che si può, dialoghi con ampi silenzi e sguardi persi nel vuoto (o con rabbia trattenuta), storia prevedibile, un tocco di morbosità e, perché no, di tragedia greca. Il cliché è fatto. Si va sul sicuro, un posto in un concorso festivaliero lo si trova senza problemi.

È questo il caso, ad esempio, dell’opera più recente di Tiago Guedes: A Herdade, film che nulla di nuovo porta alla cinematografia portoghese e che costringe lo spettatore a un’esperienza estremamente noiosa. Ma attenzione, non è la dilatazione dei tempi a generare tale noia, e neanche il ritmo disteso e a tratti estenuante del racconto e del montaggio. Neppure le scene con sguardi ed azioni di poco conto (accendersi una sigaretta, per esempio).

A Herdade ha un altro gigantesco problema: praticamente fin dalle prime sequenze chi guarda sa già esattamente non solo come andrà a finire il tutto, ma è in grado anche di prevedere le varie tappe narrative che porteranno all’agognata fine. Per centrosessantaquattro minuti è possibile, così, assistere a una vicenda di una ovvietà sconcertante, con un pizzico di morbosità, appunto.

Dunque, non rimane altro da fare se non attaccarsi disperatamente a qualche “bella” inquadratura (anche queste, a dire il vero molto, banali), nella speranza che il film all’improvviso presenti un guizzo, un’idea, una svolta, una sorpresa, sia essa visuale o contenutistica.

Tiago Guedes

Il plot del film è vecchio come il mondo: famiglia rurale (portoghese) patriarcale attraversa alcune ere storico-politiche fino al suo disfacimento, dovuto soprattutto a un segreto inconfessabile (ma non troppo). Veramente poco per costruire un’opera che possa consentire al pubblico di appassionarsi, finanche di abbandonarsi al ritmo dilatato di A herdade.

Tutti gli interpreti cercano, ovviamente, di dare il loro meglio. Si dispongono con buone intenzioni davanti alla macchina da presa e forse, per certi versi, proprio gli attori principali sono i fattori più riusciti di questo lungometraggio. Ma la loro prestazione recitativa (e diamo il merito di ciò anche a Tiago Guedes) non basta a sollevare le sorti di questo lavoro.

A Herdade rimane una prova scontata e non così ispirata a livello registico e narrativo. Uno dei molti film visti e stravisti da chi fa critica ai festival.

© CultFrame 09/2019

TRAMA
Una famiglia portoghese è proprietaria di una gigantesca tenuta piena di coltivazioni e allevamenti, laghi e boschi. La si può girare solo in macchina o a cavallo. La famiglia gestisce questa proprietà per molti decenni, attraversando la fine della guerra, la dittatura fascista di Salazar, la rivoluzione dei Garofani del 1974, fino  agli anni Novanta, quando tutto alla fine crollerà.

CREDITI
Titolo: A Herdade / Regia: Tiago Guedes / Sceneggiatura: Rui Cardoso Martins, Tiago Guedes / Montaggio: Roberto Perpignani  / Fotografia: João Lança Morais / Interpreti: Albano Jerónimo, Sandra Faleiro, Miguel Borges, João Vicente, João Pedro Mamede, Ana Vilela da Costa, Rodrigo Tomás, Beatriz Brás, Teresa Madruga / Produzione: Leopardo Filmes, Alfama Films Production / Paese: Portogallo, 2019 / Durata: 166 minuti

SUL WEB
Filmografia di Tiago Guedes
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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