Saturday Fiction ⋅ Un film Lou Ye ⋅ 76. Biennale Cinema di Venezia ⋅ Concorso

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

Il genere spy-story è certamente uno dei più popolari e, per certi versi, divertenti dell’intero panorama cinematografico. Ma bisogna saperlo fare, bisogna saper trovare la misura adatta per non sforare nel territorio tronfio del sistema produttivo/espressivo americano che spesso non fa distinzione tra spy-story e action-movie.

Per farvi comprendere ciò che diciamo, facciamo l’esempio del più importante regista contemporaneo da anni impegnato nel genere in questione: il francese Eric Rochant. Autore del capolavoro Storie di spie (1994), imperniato sulle azioni/non azioni del Mossad israeliano, e ideatore della serie tv Bureau – Sotto copertura (a partire dal 2015), narrazione delle vicende oscure di alcuni agenti dei servizi segreti francesi, Rochant è un maestro di rigore, precisione, essenzialità e sintesi. Non si “sbrodola” mai in intrecci impossibili, non eccede in contorsioni psicologiche, non esagera in costruzioni registiche pirotecniche, nega lo strapotere del ritmo del montaggio. Inoltre, cancella totalmente l’azione (o quasi) e si limita a descrivere situazioni totalmente rarefatte ed enigmatiche.

Ebbene, questa premessa serviva per introdurre un breve discorso critico su Saturday Fiction, per la regia di Lou Ye.

Ci si trova in una realtà storico-geografica molto interessante per una spy-story. É il 1941, i giapponesi hanno occupato parte della Cina e preparano un attacco segreto agli USA. Shanghai è una città complessa (anche con zone sotto il controllo di Francia e Gran Bretagna), territorio di scontri spionistici tra innumerevoli servizi segreti internazionali, soprattutto francesi, cinesi e giapponesi.

Come possiamo comprendere, i presupposti contenutistici di Saturday Fiction prometterebbero molto bene, ma c’è un problema: Lou Ye, con tutta evidenza, si è lasciato prendere la mano, sia dal punto di vista registico che da quello della struttura narrativa.

Lou Ye

In tutta la fase iniziale dell’opera è molto difficile comprendere chi spia chi e perché lo fa. Ma non si tratta di rarefazione alla Rochant. Ci si trova, invece, nel campo della confusione narrativa e nell’eccesso ingiustificato di intreccio. Si ha l’impressione che l’autore cinese si sia un po’ compiaciuto nel rendere complicata l’interpretazione dei fatti e dei comportamenti, anche grazie a una connessione tra attività di spionaggio e l’allestimento di uno spettacolo teatrale, la cui protagonista è una grande attrice cinese (Gong Li) che in verità è un agente dei servizi segreti francesi. Successivamente la vicenda si chiarisce e lo spettatore inizia a godersi l’evoluzione della storia, ma subentra un eccesso di violenza e di sparatorie che finisce per banalizzare pesantemente l’intera operazione.

Il tutto è poi condito con uno stile visivo nervoso e fin troppo brillante, con inquadrature sempre in movimento e macchina a spalla che genera immagini scomposte. Come se non bastasse, ecco anche l’uso di un bianco e nero un po’ sporco e di sfocature (volute) che aggiungono elementi ad altri elementi. Così, l’effetto ridondanza e sovraccarico è assicurato.

Alla fine della proiezione non rimane altro da fare se non immaginare la stessa identica (e interessante) vicenda raccontata in modo più misurato e composto. Un’impostazione del genere avrebbe giovato anche alla star Gong Li che, pur essendo sempre una presenza scenico/visiva importante, finisce per essere inghiottita da tutto questo magma visuale-narrativo inutilmente ripetitivo e sovrabbondante.

© CultFrame 09/2019

TRAMA
Dopo anni di assenza la grande attrice Jean Yu ritorna a Shanghai. Ufficialmente, il suo rientro nella città è dovuto a uno spettacolo teatrale che dovrà interpretare, spettacolo diretto da un suo ex amante. In verità, Jean Yu è un agente al soldo dei servizi segreti francesi. Il suo compito è scoprire un piano del nemico giapponese che si preannuncia disastroso per le forse alleate.

CREDITI
Titolo: Saturday Fiction / Regia: Lou Ye / Soggetto: Hong Ying, Yokomitsi Riichi / Sceneggiatura: Ma Yingli / Fotografia: Zeng Jian / Montaggio: Lou Ye, Feng Shan Yu Lin / Interpreti: Gong Li, Mark Chao, Joe Odagiri, Pascal Greggory, Tom Wlaschiha, Huang Xiangli, Ayumu Nakajima, Wang Chuanjun, Zhang Songwen / Paese: Cina, 2019 / Durata: 127 minuti

SUL WEB
Filmografia di Lou Ye
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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