Gli anni ’70 rappresentavano un periodo di decadenza per un autore come Otto Preminger. Ma non era una vicenda nuova: negli anni ’40 un capolavoro come Vertigine veniva indicato come esempio di calligrafismo di lubitschiana memoria (erano tutti e due viennesi). Negli anni ’50 il nostro, almeno in Italia, è stato citato come un furbetto che cercava di aggirare la censura senza sapere di che cosa stesse parlando; e ci riferiamo a film come La vergine sotto il tetto, deliziosa pellicola in cui per la prima volta in un’opera mainstream veniva usata la parola “vergine” riferendosi a una donna, e a L’uomo dal braccio d’oro, opera sulla droga con un strepitoso Sinatra.
Robert Mitchum, una dolcissima Marilyn Monroe, la “sua” scoperta”, la “oggi osannata” Jean Seberg in Santa Giovanna, hanno fatto tutti parte della sua scuderia. Bonjour Tristesse romanzo altrettanto odiato in Italia e la sua trasposizione con Seberg, Niven e Kerr fa, invece, coppia con il colossal Exodus (troppo filoebraico, secondo alcuni) e con Tempesta su Washinghton, valorizzato da un cast esemplare capeggiato dal dolente Don Murray omosessuale sotto le armi.
Poi i musical all black, qualche passo falso e, infine, i famigerati anni ’70. Anni maturi e straordinari. Non c’era bisogno della bellezza di una Gene Tierney ma gli bastava il volto sfigurato di una sublime Liza Minelli in Dimmi che mi ami Junie Moon e l’eleganza di una Lina Darnell e l’isteria di Dyan Cannon in Ma che razza di amici.
Ci siamo dilungati sulla carriera di Otto Preminger un po’ perché oggi lo conoscono in pochi, un po’ perché è sempre stato sottovalutato.
Such good friends (Ma che razza di amici!) è del 1971 e non è mai stato pubblicato in nessun supporto in giro per il mondo anche se si tratta di uno dei suoi migliori film. La Cannon scopre che il marito, entrato in ospedale per una banale operazione, sta invece per morire. Al suo capezzale corrono amici e parenti. Tutti traditi da lui in un modo o un altro (ma anche essi gli hanno reso pan per focaccia).
Tratto da una quasi “soap” di Louis Gould grazie alla presenza invisibile (letteralmente, Elaine May una delle autrice più acute di Hollywood e moglie di Mike Nichols non è accreditata), Ma che razza di amici!, è uscito in Italia nella categoria “Chi l’ha visto”, è una sorta di rivendicazione delle donne contro gli uomini e degli uomini contro le donne. Perciò già nel 1971 tutti contro tutti.
I titoli di testa del fedele Saul Bass prima si scompongono e poi compongono gambe femminili accavallate. Ma attenzione non è misognia. È solo la bellezza di una donna che ama la vita, ha degli straordinari figli, viene tradita dal marito a sua insaputa, sfugge alle avance del suo miglior amico mentre noi non sfuggiamo allo spogliarello integrale di Burgess Meredith in tutta la sua grandezza (o piccolezza non voglio essere ingiusto). Il corpo per Preminger non è qualcosa da nascondere come d’altronde la mente. E se Meredith si spoglia con coraggio senile (come fece anche la recentemente scomparsa Stockard Channing esibendosi all’età di quasi 70 anni in un bikini giallo audacissimo in Skidoo!) lo stesso succede per la mente in una società che soffre di Alzheimer. Il marito di Julie è un pseudo intellettuale fedifrago, partecipa a cocktail parties in cui sono presenti Saul Bellow, Norman Mailer e Truman Capote e in cui le cattiverie e la ferocia non hanno mai fine. E Richard sopporta qualsiasi cosa pur di apparire.
E mentre il corpo, la moneta più cara dei “glam 70”, viene declinato in tutti i suoi livelli in numerose inquadrature, da quello morto di Richard a quello giovane e quasi violato di Dyanna Cannon, (fino a quello seminudo e ridicolo di James Coco), la stessa cosa non succede con la mente, anche se l’Alzheimer imperversa. Solo così Julie trova il tempo di correre con i figli nel verde di Hyde Park portandoli lontano da tutti e da tutto. Forse per salvarli. Come se uno spazio aperto, pieno di alberi verdeggianti fosse un luogo di liberazione per tutti i post ’68 che l’hanno popolato da allora con i loro corpi (ancora una volta) giovanili e mai abbandonato.
Il cast è tra i migliori, tanto che abbiamo citato tutti gli interpreti (nudi e non). Non abbiamo invece fatto riferimento a due pellicole importantissime per il nostro: Anatomia per un omicidio e Skidoo!. La prima perché è strafamosa ed è uno dei più grandi film processuali mai realizzati e sui cui nessuno, e dico nessuno, ha mai osato dire nulla. Skidoo! invece, altro lungometraggio raro merita uno sguardo a parte come antesignano dei Fratelli Farelly e di molti altri. Noi lo faremo presto. E tutto solo per dimostrare la modernità di uno degli autori meno compresi di Hollywood.
© CultFrame 10/2019
TRAMA
Richard Messinger, direttore artistico di una rivista e autore di un libro per bambini di grande successo, il giorno successivo a una festicciola in suo onore, entra in clinica per la semplice asportazione di un porro. All’operazione assiste l’amico Timothy Spector, che non manca di tranquillizzare Julie, la fedele moglie di Richard, alquanto preoccupata. L’esito è positivo ma sorgono delle complicazioni per cui il degente viene trasferito nel reparto rianimazione: occorre una trasfusione di sangue e Julie riesce a trovare parenti e amici disponibili, i quali però sono più disposti al pettegolezzo che al confronto.
CREDITI
Titolo: Ma che razza di amici! / Titolo Originale: What Such Friends / Regia: Otto Preminger / Sceneggiatura: Louis Gould (romanzo) e Elaine May / Fotografia: Gayne Rescher / Musica: Thomas Z. Shepard / Interpreti principali: Dyanne Cannon, James Coco, Jennifer O’Neill, Nina Foch, Ken Howard, Louise Lasser, Burgess Meredith / Produzione: Otto Preminger / Paese: USA / Anno: 1971 / Durata: 101 min.
SUL WEB
Filmografia di Otto Preminger