Labirinti, doppie, e perché no, triple personalità, psicoanalisti che vengono da lontano, assassini con testa di coniglio e detective locali che sembrano usciti da un libro di Dashiel Hammett. E poi le vittime. Ah, le vittime predestinate. Fanciulle in fiore sparite nel nulla come in ogni serie tv odierna (tipo Criminal Minds) che si rispetti. Ma L’uomo del labirinto non è un (tele) film americano. Si tratta della nuova fatica cinematografica dello scrittore-giornalista Donato Carrisi e vi assicuro che con la tv non ha niente a che fare.
L’uomo del labirinto è forse il film che Dario Argento non riesce più a fare. Anche se Carrisi non punta sul sangue. La sua è una ricerca psicoanalitica sul rapporto tra vittima e carnefice. Una ricerca che l’autore riesce a portare a livelli vertiginosi. Una ragazza scompare, rapita e costretta in un pulmino molto simile a quello che vediamo spesso nei film in tv e al cinema. Un detective alcoolizzato in fin di vita la cerca per molto tempo. Quando viene ritrovata dopo 15 anni, lei non ricorda nulla. Un “profiler” americano cerca di motivarla.
Carrisi si muove su molti (forse troppi) livelli narrativi e soprattutto temporali che hanno spinto in tanti a dire che si tratta di un film confuso. Ma io direi che L’uomo del labirinto è più vicino al cinema di un certo Hawks piuttosto che a quello di un Lynch. Se in Mulholland Drive David Lynch proponeva multiple letture della stessa storia ne L’uomo del labirinto Carrisi, bravissimo scrittore e regista cinefilo, sovrappone all’occhio umano vari livelli paralleli di lettura, esattamente come fece Hawks nel suo celeberrimo Il grande sonno, senza spiegazioni naturalistiche o metafisiche. In fondo a che serve il cinema? Siamo a un gradino più alto della verosimiglianza.
Il film dell’autore de La ragazza nella nebbia è sempre un noir che si avvale, come dicevamo all’inizio, di tutte le convenzioni del genere:“un noir vintage”, come ha affermato il suo stesso autore. E su questo non possiamo che essere d’accordo. Le convenzioni vengono rispettate: corridoi bui, finestre che danno al nulla, porte bloccate insomma castelli maledetti. Un Orco di cui non si vede mai il volto e un poliziotto-detective che s’aggira in una città fantasma, come Scottie di Vertigo e che detta, prima della sua morte imminente, tutto in un registratore come Fred McMurray nel capolavoro di Billy Wilder La fiamma del peccato. E se non è vintage questo!
Ma Carrisi è anche un uomo moderno, e oltre alla furbizia di affidare uno dei ruoli principali al vecchio e sempre bravo Dustin Hoffman (comunque assolutamente superfluo), noi apprezziamo molto di più il poliedrico Toni Servillo e la bravissima Valentina Bellè nella parte della vittima.
Per il resto Donato Carrisi come ha già fatto nel suo precedente La ragazza nella nebbia ci piace per la sua narrazione poco lineare ma non per questo poco chiara e soprattutto per il fatto che, come pochi altri, ha avuto il coraggio (e il pregio) di aver rinnovato il noir all’italiana per tanti anni dimenticato oppure affidato a persone che del genere noir avevano solo letto sui giornali mentre Carrisi almeno ne aveva scritto anche.
© CultFrame 11/2019
TRAMA
Sono passati 15 anni da quando uno sconosciuto ha rapito Samantha Andretti mentre tornava a casa da scuola. Allora Samantha aveva solo 13 anni: ora invece è una giovane donna che, sfuggita al suo carceriere, si ritrova nell’ospedale Santa Caterina con una gamba ingessata e una flebo infilata nel braccio. Accanto a lei il dottor Green ma anche Bruno Genko, un investigatore privato in procinto di morire tormentato dal senso di colpa per non aver saputo salvare Samantha all’epoca del suo rapimento.
CREDITI
Titolo: L’uomo di labirinto / Regia: Donato Carrisi / Sceneggiatura: Donato Carrisi / Fotografia: Federico Masiero / Scenografia: Tonino Zera / Montaggio: Massimo Quaglia / Interpreti: Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Belle’, Vinicio Marchioni, Caterina Shulha / Produzione: Colorado Film, Maurizio Totti / Distributore: Medusa / Durata: 133 min. / Paese: Italia / Anno: 2019
SUL WEB
Filmografia di Donato Carrisi
Medusa