Dopo mesi di festival saltati e interrogativi sul destino della Mostra 2020, era particolarmente atteso lo svelamento del programma della prima grande manifestazione cinematografica che dovrebbe svolgersi in presenza nei mesi di un’emergenza sanitaria tutt’altro che superata. A meno di contrattempi, e malgrado disposizioni di sicurezza, capienze ridotte e un minor numero di accreditati, il Lido si prepara a ospitare dal 2 al 12 settembre un’edizione della Mostra Internazionale del Cinema non così diversa dalle altre dirette da Alberto Barbera ma più snella. Infatti, la settimana precedente, la sezione Venezia Classici verrà ospitata nel corso del Festival Il Cinema Ritrovato di Bologna (25-31 agosto), la sezione Sconfini è stata cancellata, gli incontri del Venice Production Bridge saranno ospitati dall’Hotel Excelsior ma saranno fruibili per lo più anche online, mentre la Venice Virtual Reality Expanded si trasferisce interamente sul web.
La difficoltà di ultimare alcuni film in lavorazione, su cui Locarno ha dal canto suo deciso di imperniare la programmazione di quest’anno invitando 10 autori internazionalmente riconosciuti (tra cui Lav Diaz, Miguel Gomes, Lucrecia Martel, Wang Bing) e 10 svizzeri a presentare i loro progetti inconclusi, l’indisponibilità di produzioni delle major statunitensi conseguenti alla pandemia e quella delle opere ‘bloccate’ dal Festival di Cannes (alcune delle quali saranno presentate da Frémaux alla Festa di Roma) hanno inciso sulla selezione dei concorsi principali presentata da Barbera?
Sì e no. Da una parte, infatti, il concorso di Venezia 77 presenta autori già passati dal Lido negli ultimi anni: maestri riconosciuti quali Amos Gitai o Andrei Konchalovsky, talenti affermati quali Gianfranco Rosi (il cui Notturno è stato girato nel corso di tre anni nelle zone di guerra tra Siria, Libano, Iraq) o Emma Dante (dal suo testo Le sorelle Macaluso) che fecero più notizia quando furono selezionati insieme nel Concorso della Mostra 2013, vinto da Rosi, o anche Susanna Nicchiarelli (vincitrice di Orizzonti 2017) che con Miss Marx ritrae l’ultimogenita di Karl. Dall’altra, vi si riscontrano alcune novità quali la presenza di un veterano del cinema orientale come Kurosawa Kiyoshi o dell’azero noto nel circuito festivaliero Hilal Baydarov, molte opere seconde e, con buona pace delle dichiarazioni del direttore non sempre politicamente corrette sul tema ‘quote rosa’, molte registe: tra queste, Nicole Garcia, Małgorzata Szumowska, Julia Von Heinz, Jasmila Zbanic, la sino-americana Chloé Zhao (viaggio nelle nuove povertà statunitensi interpretato e prodotto da Frances McDormand) e la norvegese residente a Brooklyn Mona Fastvold, autrici delle due uniche opere di fatto provenienti dagli Stati Uniti. Inoltre, si segnala la presenza di un alto numero di titoli italiani in tutte le sezioni, a manifesto sostegno dell’industria nostrana.
Potrebbe anche essere ‘figlio’ delle contingenze il programma sulla carta piuttosto interessante della sezione Orizzonti, da alcuni anni messa in buona parte a disposizione anche sul Web: se cause di forza maggiore costringessero a una sospensione delle proiezioni in presenza, il pubblico internazionale potrebbe vedere in streaming su Festival Scope , e quello italiano su MYmovies.it, la nuova opera del Leone d’Oro 2016 Lav Diaz, Guerra e pace del duo D’Anolfi e Parenti (già in Concorso nel 2016), Nowhere Special di Uberto Pasolini (a sette anni da Still life , The Best Is Yet To Come di Wang Jing, prodotto e interpretato da Jia Zhangke, l’opera seconda di Gia Coppola (nipote di Francis), gli esordi I predatori di Pietro Castellitto (figlio di Sergio) e La troisième guerre dell’italiano residente in Francia Giovanni Aloi, l’ivoriano Philippe Lacôte, e poi due film iraniani, uno indiano, un kazako, un brasiliano, un portoghese, etc.
Nell’estensione web della Mostra è prevista anche la diffusione di una scelta di opere delle sezioni Biennale College e del Fuori Concorso distinto in Fiction e Non Fiction (“quelli che un tempo si definivano con il termine di documentari che oggi appare un po’ superato e che non vorremmo più usare”, dice Barbera) in cui si potranno vedere, rispettivamente, gli ultimi lavori di Daniele Luchetti (Lacci, dal romanzo di Starnone, è il film d’apertura della Mostra), Salvatore Mereu (Assandira dal romanzo di Giulio Angioni, con Gavino Ledda nella parte di un padre-padrone), Park Hoon-Jung, Roger Michell (con Jim Broadbent e Helen Mirren), e i nuovi film di Fred Wiseman (già Leone d’Oro alla carriera), Abel Ferrara (girato a Berlino), Alex Gibney (sulla criminologa che ha sottoposto a sedute di ipnosi molti serial killer statunitensi), Luca Guadagnino (biopic sullo stilista Salvatore Ferragamo) e Luke Holland (il regista inglese scomparso lo scorso 10 giugno che scoprì quasi da adulto di essere figlio di un’espatriata austriaca la cui intera famiglia fu sterminata dai nazisti e che prima di morire ha voluto ultimare una sua raccolta di interviste agli ultimi testimoni della Shoah). La pre-inaugurazione del festival, prevista il 1° settembre, è affidata a Molecole di Andrea Segre, girato a Venezia durante il confinamento degli scorsi mesi.
Sempre nel fuori concorso si segnalano anche La verità su La Dolce Vita realizzato nel centenario felliniano da Giuseppe Pedersoli, nipote Giuseppe Amato, il film-intervista Hopper/Welles girato da Orson Welles sul set messicano di The Last Movie (1971) di Hopper e recuperato dal team che nel 2018 aveva già rimontato l’incompiuto The Other Side of the Wind, oltre che l’ultimo film di Ann Hui, regista di origini cinesi attiva a Hong Kong, che con l’attrice Tilda Swinton riceverà il Leone d’Oro alla Carriera.
Programmi lievemente ridotti anche per le Giornate degli Autori e la Settimana della Critica. Nel primo, si segnalano almeno Cigar au miel di Kamir Ainouz, Saint-Narcisse di Bruce LaBruce e Spaccapietre di Gianluca e Massimiliano De Serio, oltre al fuori concorso Samp di Rezza e Mastrella e alle contaminazioni tra cinema e arti performative proposte nello spazio gestito con Isola Edipo dove avranno luogo esibizioni quali quella del sassofonista James Senese, protagonista di un film-ritratto, o anteprime di restauri quali Say Amen, Somebody (1981) di George T. Nierenberg, dedicato ai pionieri della musica Gospel e distribuito dalla Reading Bloom. Nel secondo, aperto da The Book of Vision di Carlo S. Hintermann e chiuso dalla saga famigliare The Rossellinis del figlio di Renzo e nipote di Roberto Alessandro Rossellini, si vedranno sette lunghi tra cui Non odiare di Mauro Mancini, sull’antisemitismo persistente nel Nord-Est contemporaneo con Alessandro Gassmann e Sara Serraiocco, e sette corti di giovani talenti (più i due contributi speciali di Adriano Valerio e Giorgio Diritti).
Lungi dal voler prolungare lo stato di emergenza e di eccezione, bisogna dunque rilevare che il complesso della programmazione veneziana di questo particolare 2020 sembra testimoniare più una volontà di un “ritorno alla normalità” che non una messa in discussione delle proprie formule oramai collaudate.
© CultFrame 07/2020
SUL WEB
Il programma definitivo verrà pubblicato sul sito della Mostra: