Non credo che oggi sarebbe stato possibile realizzare un film come Mademoiselle. Troppo politicamente “scorretto”. E comunque proprio per questo rimane tra i lungometraggi più ignobilmente dimenticati della storia del cinema. Già nel 1966, anno della sua uscita, il titolo italiano (… e il diavolo ha riso) non gli ha fatto un gran bel servizio. Eppure, la pellicola è di Tony Richardson, autore di film come Sapore di Miele, Tom Jones e Gioventù amore e rabbia, (solo per citare alcuni tra i suoi più famosi e multipremiati), opere che hanno totalizzato un numero altissimo di premi dagli Oscar, a Cannes ai Bafta fino a Venezia.
Mademoiselle nasce da un soggetto di Jean Genet ed è scritto da Marguerite Duras; e già questo sottolinea le sue contraddizioni rendendolo estremamente interessante. La, non tanto, velata misoginia di Genet stride in relazione alle osservazioni psicoanalitiche sull’essere donna della Duras. Ma in fondo che “cinema” sarebbe se tutto fosse chiaro e prevedibile?
Una maestra arriva in un paese rurale della Francia. Sessualmente repressa, rimane affascinata da un boscaiolo rude e virile che tutte le donne della comunità desiderano. Ma quando viene rifiutata cova vendetta come Glenn Close in Attrazione Fatale. Anche se il paragone tra il film di Richardson e quello di Lynne può sembrare improprio, i due personaggi femminili hanno molte cose in comune a cominciare dalla loro sociopatia.
Certo Mademoiselle, non è un thriller (se non del desiderio) e nemmeno un film sulla follia. Con la sua eleganza formale e con il suo bianco e nero glaciale, firmato da David Watkins, la pellicola di Richardson si avvicina alla nouvelle vague francese e non agli sfrenati thriller americani con donne impazzite dalla gelosia. E la sceneggiatura della Duras porta a Mademoiselle, personaggio che rimane anonimo per tutto il film, un’aria di mistero a tutto tondo piuttosto che un’isteria sommaria come spesso accade. Erede delle Bonnes del suo autore, la “mademoiselle” del titolo incarna il male seduttivo che tutti noi abbiamo dentro, male causato da una società esclusiva e mai contemplativa dei suoi figli “diversi”.
Non abbiamo citato ancora il nome dell’attrice protagonista: ma come si fa a non parlare di una meravigliosa attrice come Jeanne Moreau? All’epoca compagna del regista, che stava divorziando da Vanessa Redgrave, lo ha seguito in ben due suoi progetti. Infatti, successivamente ha recitato per Richardson anche in Il marinaio del Gibilterra, sempre scritto da Marguerite Duras. Ma in Mademoiselle, il regista britannico le rende il servizio migliore: inquadra il suo corpo (del desiderio) nei dettagli. Gambe, mani e volto diventano attraverso quasi inquadrature fisse dei “tableaux vivants” che si fondono con la natura dei boschi e della campagna francese. Mentre la sua follia emerge da piccoli gesti “simbolici”, come la sua occhiata al serpente che il bel boscaiolo di Ettore Manni avvolge intorno alla sua cintura.
Ettore Manni è un altro corpo da “amare” in questo film. Corpo sensualissimo, almeno quanto quella della Moreau, che rispecchia benissimo tutta la voluttà del suo autore il “Santo Genet” come veniva chiamato da Jean Paul Sartre.
Nel personaggio di Manu, interpretato da Manni, e in modo minore in quello del suo amico, interpretato da Umberto Orsini, troviamo molte reminiscenze di un certo cinema italiano. In particolare Manni, viene più volte inquadrato in maniera simile a quella di Renato Salvatori in Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti. Come se Richardson volesse sottolineare l’italianità del suo essere sedutivo, attraverso l’immagine filmica piuttosto che quella letteraria. E inoltre aleggia più di una osservazione anti razzista (per essere politicamente corretti!) in questo personaggio.
E mentre Jeanne Moreau incontrerà il mondo della Duras altre volte, come nel precedente Moderato Cantabile di Peter Brook e Il Marinaio di Gibilterra e quello di Genet nel capolavoro di Fassbinder Querelle, Tony Richardson aggiunge ancora un tassello sul suo percorso dedicato ai ritratti femminili in crisi: il già citato Il Marinaio di Gibilterra in cui la Moreau è a confronto con Vanessa Redgrave, Un equilibrio delicato con Katharine Hepburn e Lee Remick, fino a Blue Sky del 1991 con una superlativa Jessica Lange.
Mademoiselle oggi risulta introvabile se non in qualche sito web e un paio di edizioni Dvd americane. Da non confondere con l’omonimo film del sud coreano Park Chan-Wook.
© CultFrame 06/2021
TRAMA
Manou, un boscaiolo italiano vedovo da poco tempo, arriva in un villaggio francese in compagnia del figlioletto. Il suo lavoro dè disturbato da un’atmosfera di aperta ostilità, perché Manou esercita sulle donne del posto una fatale e inevitabile attrazione. Una maestrina, zitella, e repressa carica di complessi, è attratta dall’operaio italiano.
CREDITI
Titolo: … e il diavolo ha riso/ Titolo originale: Mademoiselle / Regia: Tony Richardson / Sceneggiatura: Marguerite Duras / Soggetto: Jean Genet / Fotografia: David Watkins / Montaggio: Antony Gibbs / Musica: Antoine Duhamel / Interpreti: Jeanne Moreau, Ettore Manni, Umberto Orsini, Keith Skinner, Jane Beretta / Produzione: Oscar Lewenstein / Anno produzione: 1966 / Paese: Gb, Fra / Durata: 105 minuti
SUL WEB
Filmografia di Rony Richardson