La violenza è una catena senza fine e non bastano le lezioni del passato per interrompere il ricorrere di traumi già vissuti. Sono più di quarant’anni che Paul Schrader firma come sceneggiatore e/o regista storie di personaggi rosi dal trauma, dalla colpa, dalla ricerca di una redenzione forse impossibile. I suoi protagonisti sono sempre gli ultimi, carne da cannone di cui disporre senza scrupoli, esercito industriale di riserva per tenere viva quella macchina di dominio e morte che è il potere politico-economico. Se in Taxi Driver il reduce del Vietnam Travis Bickle restava confinato a una prigione di angoscia e rabbia, il protagonista de Il Collezionista di Carte William Tillich (Oscar Isaak) è un reduce della guerra in Iraq macchiatosi di crimini che neppure gli anni di carcere militare possono redimere. Per lui, come per il paese che ha servito, Abu Ghraib resta una macchia incancellabile. Tanto più che a pagare nei processi innescatisi con la diffusione delle immagini scattate in quella prigione infernale non sono stati gli alti ranghi dell’esercito, i mandanti, gli architetti di quell’immondo sistema di torture bensì una manciata di esecutori, quelli ritratti nelle fotografie. La giustizia si è servita dell’equazione immagine-verità fingendo un’ingenuità che ha permesso di punire solo i vasi di coccio tra i vasi di ferro.
Torturatore torturato dal senso di colpa, Tillich affronta la detenzione con lo stoicismo di chi sconta una pena meritata. Inoltre, il carcere diventa per lui un imprevisto spazio di possibilità che lo porta a scoprire di possedere quell’abilità nel calcolo delle probabilità e nel conteggio delle carte che distingue il semplice giocatore di poker dal fuoriclasse al limite della legalità. Quando dopo otto anni esce di prigione, ne fa tesoro scommettendo cifre basse per non dare troppo nell’occhio poiché nei casinò contare le carte è vietato. Ma la sua nuova esistenza è un limbo e la sua poker-face una maschera dietro cui si nasconde nell’attesa della fine. Un limbo in cui sentiamo e vediamo l’uomo raccontare e scrivere su di un quaderno la propria vita esattamente come faceva il padre Toller di First Reformed (2017).
Un giorno, in questa vita-non vita di azzardi moderati fa irruzione Cirk (Tye Sheridan), un giovane il cui padre è morto suicida dopo essere stato con Tillich in Iraq. Cirk ha abbandonato gli studi ed è pieno di debiti. Il suo arrivo scompagina le carte in tavola e alza definitivamente la posta in gioco per Tillich che da quando è stato scarcerato si fa chiamare Will Tell cioè Guglielmo Tell, nome che lascia presagire il destino rischioso che attende questa coppia in cui rivivono simbolicamente il padre e il figlio del mito Schilleriano. Tell si convince che può utilizzare le sue vincite per ripianare il debito di Cirk e aiutarlo a ricostruirsi una vita. Dunque, accetta la proposta di lavorare per La Linda (Tiffany Haddish), un’affascinante agente a caccia di fuoriclasse da arruolare in una scuderia di giocatori. Ma mentre Will pensa al futuro del ragazzo, questi è concentrato sul passato e la vendetta è la sua unica ragione di vita. Ha scoperto infatti che ad addestrare e a manovrare i torturatori come suo padre c’era il Maggiore Gordo (Willem Defoe) che non ha mai scontato un giorno di carcere ma è anzi diventato un ricco e stimato consulente militare. Il personaggio di Cirk mette Tell con le spalle al muro, lo pone di fronte alla necessità di scegliere da che parte stare di fronte al dissidio classico tra legge terrena e legge divina. Abituato alle scommesse, Tell si trova così a rischiare come non ha mai fatto prima pur di compiere la missione che il destino gli ha affidato.
Maestro dei dilemmi di coscienza che nascono nell’intreccio tra spazio sociale e spazio intimo, Schrader sa anche ammaliare, tenere insieme l’orrore e il sogno, l’elegante e il Kitsch, l’ombra e la luce al neon, la geometria asfittica della gabbia e il volo audace della complicità sensuale che, come in First Reformed (2017), anche ne Il collezionista di carte si compie in una scena d’amore che toglie il fiato. In questi due titoli, presentati entrambi in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, il regista ha ritrovato la sua vena migliore grazie anche al sostegno produttivo del sodale di sempre Martin Scorsese.
© CultFrame 09/2021
TRAMA
L’ex militare William Tillich ha scontato otto anni di carcere per crimini commessi durante la guerra in Iraq. Durante la detenzione ha imparato a giocare d’azzardo e quando torna in libertà viaggia ai quattro angoli degli Stati Uniti, da un casinò all’altro, finché viene notato da La Linda, un’agente che desidera reclutarlo in un circuito di giocatori professionisti. L’incontro con Cirk, figlio di un commilitone morto suicida e pieno di debiti, dà a William una ragione per accettare la proposta di La Linda. Ma il ragazzo preferirebbe che l’uomo lo aiutasse a compiere un altro progetto.
CREDITI
Titolo italiano: Il Collezionista di Carte / Titolo originale: The Card Counter / Regia: Paul Schrader / Sceneggiatura: Paul Schrader / Montaggio: Benjamin Rodriguez Jr. / Fotografia: Alexander Dynan/ Scenografia: Ashley Fenton / Costumi: / Musica: Giancarlo Vulcano, Robert Levon Been / Interpreti: Oscar Isaac, Tiffany Haddish, Tye Sheridan, Willem Dafoe / Paese, anno: USA, 2021 / Produzione: Astrakan Film AB, Bona Film Group, Convergent Media, Enriched Media Group, Focus Features, HanWay Films, LB Entertainment, One Two Twenty Entertainment, Redline Entertainment (II) / Distribuzione: Lucky Red / Durata: 112 minuti
SUL WEB
Filmografia di Paul Schrader
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito