Ci sono film dei quali bisognerebbe parlare poco, o almeno con cautela, e semplicemente (si fa per dire) invitare o suggerire agli spettatori di vedere per non correre il rischio di svelare troppo o di portare alla luce elementi, suggestioni, dettagli che dovrebbero essere scoperti da chi quel film lo guarda, traendone il proprio personale piacere o turbamento.
È il caso di America Latina, opera terza dei fratelli D’Innocenzo che, dopo La terra dell’abbastanza (2018) e Favolacce (2020) continuano a esplorare quel territorio affascinante e insidioso della caducità umana.
Stavolta, operando ancora di più in sottrazione rispetto ai lavori precedenti, demandano a un unico personaggio (un Elio Germano che si dona al ruolo con generosità e coraggio) il compito di farsi paradigma di uno smarrimento e di un’inquietudine feroci che conducono alla deflagrazione del tragico.
Massimo è un dentista, sposato con due figlie, che si divide tra l’attività allo studio, la routine domestica in una singolare villa nell’Agro Pontino e il settimanale appuntamento, per qualche birra e due chiacchiere, con l’amico Simone. Una vita come tante che viene stravolta dalla scoperta di una presenza “estranea” alla quale non sa dare una spiegazione e che, man mano, erode tutte le sue certezze minando le fondamenta della sua stessa esistenza.
La storia si sviluppa lungo tre piani – narrativo, visivo e sonoro – che si intersecano costruendo una struttura espressiva non poco perturbante. Il racconto, paradossalmente, finisce per risultare l’elemento meno rilevante perché dispiega il suo senso (o la ricerca di esso) in ogni singola immagine illuminata dalla luce che Paolo Carnera modula, come una sorta di “voce” narrante, alternando agli acuti abbaglianti i sussurri più sfocati e i mormorii delle ombre. Le superfici riflettenti, come il vetro o l’acqua, restituiscono così il cromatismo di un disagio profondo che rende pressoché tangibile il peso dell’angoscia.
In questa architettura visuale, di ammaliante inquietudine, echeggiano le note stranianti della colonna sonora dei Verdena ma anche il “rumore” dei pensieri e delle ossessioni che penetra in ogni inquadratura come una irreparabile infiltrazione che apre, in quella “cantina” che non è solo spazio fisico ma luogo intimo e oscuro dove spesso non osiamo avventurarci, una crepa pronta a farsi voragine.
Il cinema dei fratelli D’Innocenzo non fa sconti, né cerca indulgenza e, come nelle due pellicole precedenti, pone delle istanze senza fornire risposte perché non è su queste che si appunta la loro idea di ricerca formale e sostanziale che qui si spinge anche oltre, verso una rarefazione del mero contenuto narrativo per ampliare ancor più lo sguardo su, ma soprattutto dentro, lo strato emotivo. La materia che maneggiano è, infatti, viva, irrequieta, sfuggente come la consapevolezza di essere al mondo o in quella parte di mondo al quale l’essere umano tenta, sovente con disperazione, di appartenere. Ecco allora che l’America Latina del titolo diventa il luogo (s)confinato dove alberga la coscienza: dalle lontane latitudini di un altrove da raggiungere fino al fosco territorio della provincia più profonda.
Lungo questa traiettoria psicologica, geografica e cinematografica – si rintracciano evidentemente gli echi della cultura appassionata che caratterizza la formazione dei due artisti – si sovrappongono piani di realtà e di immaginazione che amplificano desideri e paure e rimbombano – alternando i suoni stridenti del sottosuolo alle melodiose armonie del pianoforte – nella testa di Massimo che cerca, furiosamente, di (ri)conoscersi.
In quella villa sghemba e bizzarra c’è un mondo, il nostro, in cui spesso intravediamo il “nemico” proprio nelle zone più familiari, nelle stanze degli affetti, nei corridoi dei ricordi o nei giardini ormai spogli dell’infanzia. Quest’ultima infatti, insieme al dramma privato di un certo tipo di genitorialità, attraversa il cinema dei registi come un filo rosso che lega il racconto e l’immagine, il vero e il fiabesco, l’amore e la morte.
Il talento dei D’Innocenzo si esprime, anche stavolta, attraverso un’opera originale e spiazzante che fa della bellezza, sia essa in un volto o nel cielo, una lama conficcata dentro la carne della realtà: fa male ma non possiamo fare a meno di guardarla.
© CultFrame 01/2022
TRAMA
Massimo è un dentista di Latina, sposato con due figlie, che conduce una vita come tante. Un giorno, scendendo in cantina, trova una ragazza legata e imbavagliata. Una scoperta che fa precipitare l’uomo nel baratro dell’assurdo.
CREDITI
Titolo: America Latina / Titolo originale:Id. / Regia: Damiano e Fabio D’Innocenzo / Sceneggiatura: Damiano e Fabio D’Innocenzo / Interpreti: Elio Germano, Astrid Casali, Sara Ciocca, Maurizio Lastrico, Carlotta Gamba, Federica Pala, Filippo Dini, Massimo Wertmüller/ Fotografia: Paolo Carnera / Montaggio: Walter Fasano / Musica: Verdena / Scenografia: Roberto De Angelis / Costumi: Massimo Cantini Parrini / Produzione:The Apartment, Vision Distribution, Le Pacte / Italia, Francia 2021 / Distribuzione: Vision Distribution / Durata: 90 minuti
SUL WEB
Filmografia di Damiano D’Innocenzo
Filmografia di Fabio D’Innocenzo