Cosa si può dire ancora, che non sia stato già scritto e raccontato, sulla figura di Letizia Battaglia? È possibile edificare un’interpretazione innovativa e diversa del suo immenso lavoro fotografico? Può essere, almeno in parte, distanziata la sua storia creativa dalla definizione, a mio avviso riduttiva e ovvia, di “fotografa di mafia”? Plausibili risposte a queste domande prova a fornirle la grande retrospettiva a lei dedicata, allestita presso il MAXXI di Roma che sarà visitabile fino al 17 aprile 2017.
L’operazione culturale (perché così dobbiamo chiamarla) orchestrata dai curatori Paolo Falcone, Margherita Guccione e Bartolomeo Pietromarchi, si manifesta allo sguardo del visitatore come una sorta di ricognizione sulla vicenda della fotografa (nonché femminista e attivista politica) palermitana che (naturalmente) punta con molta convinzione su quelli che sono stati gli scatti più noti che, chiunque si occupi di fotografia e giornalismo, conosce ormai a perfezione.
I morti ammazzati (da cosa nostra), le zone degradate di Palermo, gli arresti dei mafiosi, la cronaca brutale, le immagini di taluni politici di lungo corso. E ancora: corpi celati da una coperta, macchie di sangue, orrore per le strade del capoluogo siciliano. L’attività fotogiornalistica di Letizia Battaglia si configura come uno sguardo molto ampio in grado di narrare visualmente con singoli scatti la tragedia di una città, il decadimento di una società in cui criminalità e politica per troppi anni sono state intrecciate fittamente.
In realtà, sono stato sempre convinto che il talento comunicativo ed espressivo di questa fotografa (ormai trasformata in un monumento) andasse ben al di là della sua operosità fotogiornalistica, pur estremamente rilevante. La sua forza, infatti, è sempre stata la sua vigorosa e strabordante passione esistenziale (e, infatti, la mostra è stata giustamente intitolata “Per pura passione”), passione per la politica, per la società, per le persone, per la giustizia.
Durante la conferenza stampa di presentazione, Letizia Battaglia ha affermato di non aver iniziato a fotografare a causa di un “fuoco sacro” che le ardeva dentro, quanto piuttosto per pagarsi l’affitto di casa a Milano e, soprattutto, di “aver vissuto”. E questa propensione a vivere in maniera sfrenata l’esistenza la si può percepire proprio nella sua produzione fotografica che con mafia, cadaveri e criminalità non ha niente a che vedere.
Quest’ultimo è l’aspetto della mostra che ho trovato più convincente, soprattutto per quel che riguarda alcune scelte curatoriali che potrei definire non convenzionali. A tal proposito, mi sono apparsi quasi sublimi i ritratti “intimi” scattati a un pensoso Pier Paolo Pasolini, così come significative le opere realizzate nel 1983 presso l’Ospedale Psichiatrico di Via Pindemonte a Palermo. Sorprendenti ed estremamente delicate, inoltre, le fotografie “erotiche” (anche se Letizia Battaglia ha affermato di non considerale così erotiche, appunto) scattate nel 1971 per il periodico Le Ore.
La struttura dell’esposizione romana, dunque, è basata sul desiderio di far emergere la complessità dell’opera fotografica di Letizia Battaglia, nonché di mettere in giusta luce la possente opera professionale nell’ambito dell’editoria proponendo al visitatore un percorso di notevole interesse tra i libri pubblicati dalla casa editrice Edizione Della Battaglia (che presenta anche volumi dedicati al cinema).
Ma l’immagine che ho trovato più toccante (per una volta posso usare quest’aggettivo forse un po’ generico e mieloso) è proprio quella che apre tutto il percorso. È una stampa molto piccola, dal formato verticale. Nell’inquadratura è visibile una figura femminile. Si tratta di una prostituta: capelli neri e molto folti, vestito corto, stivali. La donna sembra guardare in macchina e si manifesta in tutta la sua spontanea vitalità e, per certi versi, impensabile grazia. È un’opera che racconta la sensibilità dell’autrice, soggetto in grado di cogliere e ricomporre stilisticamente l’universo esteriore e interiore di una persona molto distante da lei dandole dignità e gentilezza.
Per pura passione, si conclude con un allestimento labirintico e molto “leggero” di circa centoventi immagini all’interno del quale il fruitore può perdersi e vivere quasi fisicamente la stessa esperienza professionale ed esistenziale di Letizia Battaglia. Tra i molti elementi che compongono la mostra, voglio anche segnalarvi la proiezione di un film prodotto dal Comune di Palermo dal titolo emblematico: La mia Battaglia. Franco Maresco incontra Letizia Battaglia.
© CultFrame 04/2022 – Punto di Svista 11/2016
(pubblicato su L’Huffington Post Italia)
INFORMAZIONI
Mostra: Letizia Battaglia. Per pura passione / A cura di Paolo Falcone, Margherita Guccione e Bartolomeo Pietromarchi
Dal 24 novembre 2016 al 17 aprile 2017
MAXXI / via Guido Reni 4 A, Roma / Tel: 06.3201954 / infopoint@fondazionemaxxi.it
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MAXXI, Roma