Il mondo al femminile, tra esperienze ed emozioni. Notre corps, un film di Claire Simon. Berlinale 2023

SCRITTO DA
Silvia Nugara

Nel Secondo sesso, Simone de Beauvoir sottolinea come le donne non riescano mai a trascendere il proprio corpo perché la fisiologia femminile è un succedersi di “crisi” che, in varie fasi della vita, finisce per rinviarle costantemente alla materialità del loro corpo: pubertà, mestruazioni, eventuali gravidanze, menopausa. Anche coloro che subordinano la corporeità all’intelletto fanno i conti con tutte le conseguenze dei cicli ormonali nell’arco dell’intera esistenza e con la gravidanza come rischio, imperativo, interrogativo o assenza da giustificare. Nel filmare le attività di un reparto ospedaliero ginecologico, il film di Claire Simon racconta l’irriducibile resistenza del corpo, delle sue esigenze, del suo linguaggio, della sua temporalità non solo per quelle che qualcuno chiamerebbe le “bio-donne”, donne nate e cresciute come tali, ma anche di coloro che donne desiderano diventare o smettere di esserlo. Per le donne e per le persone trans*, infatti, il corpo è un fatto inesorabile. Questi soggetti che la società patriarcale confina all’immanenza come se fosse una penitenza ci rivelano in realtà la natura corporea di tutta l’umanità.

È quel che anche la pandemia avrebbe dovuto farci comprendere: che i corpi esistono, sono tra loro interconnessi, hanno esigenze di cui prendersi cura, non sono onnipotenti né infallibili né eterni. E invece ci ritroviamo nuovamente in un tempo che nega i corpi tanto quanto la morte perché imperniato su un sistema di valori prestazionale e iperproduttivo che trova il suo corollario nell’utopia di una scienza e di una tecnica dai poteri illimitati. Sarà figlio di una carenza educativa oppure di questa fede in una scienza ai confini del fantastico, il desiderio del ragazzo trans* che all’endocrinologo chiede di poter un giorno fecondare la compagna? 

Con un approccio etnografico devoto al cinéma-vérité di Jean Rouch e in parte anche all’osservazionismo sociale di Fred Wiseman, Claire Simon entra in ospedale per osservare il mondo al “femminile” che vi si muove dentro, denso di esperienze ed emozioni. Nel documentare le interazioni tra personale medico e pazienti (visite, diagnosi, operazioni) il suo sguardo fa emergere relazioni in cui la cura, il rispetto e l’empatia si intrecciano al potere e alla dissimmetria, visioni e sistemi di valori coincidono o divergono nell’inanellarsi delle parole. Ecco allora il medico che contestualmente alla diagnosi di endometriosi consiglia alla paziente di congelare gli ovuli nell’ipotesi di una gravidanza che la ragazza insiste a escludere, o l’adolescente incinta per un’imprudenza che nella franchezza e nel nitore del racconto conquista la stima della ginecologa inizialmente pronta alla reprimenda.

In apertura, Simon filma i propri piedi mentre camminano verso l’ingresso dell’ospedale accompagnati in voce off da tutte le domande, curiosità e paure legittime che si porta dietro nell’entrare in contatto con il luogo che più di tutti rende tangibili la malattia e la morte. “Spero di non beccarmi un cancro” dice usando lo stesso verbo che si userebbe per un raffreddore anticipando quanto accadrà nell’ultima parte. Nell’arco di quasi tre ore, il film attraversa le varie fasi della vita accompagnato da persone-personaggi diversi: dall’adolescenza alla maturità fino alla vecchiaia. Il cinema non cancella mai se stesso ma si rende presente nel suo stesso farsi con la corporeità del soggetto che filma, osserva, racconta, vive e che a un certo punto da dietro alla macchina da presa passa davanti, grazie alla direttrice della fotografia Céline Bozon che sostituisce la regista-operatrice per alcune sequenze.

Notre corps fornisce un ritratto dialettico della vita ospedaliera: alla sequenza di un parto naturale sostenuto da una comunicazione ideale tra ostetrica e gestante fa da contraltare la testimonianza di una puerpera che ha sofferto un’esperienza traumatica. Se mai ci cogliesse la tentazione di credere che Simon sta filmando un ospedale-modello in cui risuona Satie in sala operatoria, la sequenza del sit in contro le violenze ginecologiche e le molestie di cui è stato responsabile un ex dirigente testimoniano una realtà assai più complicata.

© CultFrame 02/2023

 

TRAMA
Nell’ospedale pubblico parigino Tenon, il reparto di ginecologia è attraversato da donne di tutti i tipi e con le più diverse esigenze di cura: endometriosi, gravidanze, parti, transiti di genere, tumori e chemioterapie. Il film raccoglie frammenti di consultazioni, di analisi e interventi che restituiscono tutto l’arco di quel che può accadere al “nostro corpo” di donne e di esseri umani dalla nascita alla morte.

CREDITI
Regia: Claire Simon / Montaggio: Luc Forveille / Fotografia: Claire Simon, Céline Bozon / Paese, anno: Francia, 2023 / Produzione: Kristina Larsen / Distribuzione:  / Durata minuti: 168 min.

Silvia Nugara

Silvia Nugara ha un dottorato di Linguistica Francese e i suoi interessi ruotano attorno alle relazioni tra il linguaggio e la costruzione della realtà sociale, con particolare riferimento agli immaginari e ai discorsi relativi alle soggettività di genere. Attualmente è redattrice di Punto di Svista e Cultframe - Arti visive.

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