Tradizione musicale klezmer in Adentro mío estoy bailando. Un film di Leandro Koch e Paloma Schachmann. Miglior opera prima Berlinale 2023

SCRITTO DA
Silvia Nugara

Se filmare è sottrarre frammenti di vita all’erosione del tempo, tentare di resistere all’incedere della morte e dell’oblio, le immagini non possono che restituirci ciò che è stato e che non è più, guidarci come tracce sparse in un viaggio a ritroso verso un mondo dissolto che nel viaggio stesso può riemergere forse a nuova vita. In questa chiave, il film di Leandro Koch e Paloma Schachmann è una meditazione sulla vita e la morte delle culture nella forma di un ibrido tra finzione e documentario, tra narrazione e saggio. 

Adentro mío estoy bailando (titolo internazionale The Klezmer Project) intreccia due piani narrativi e un piano di documentazione etno-antropologica su ciò che resta oggi della tradizione musicale klezmer. Questo intreccio ricorda vagamente quel che accadeva in Cold War  (2018) di Pawel Pawlikowski dove la storia d’amore si intrecciava a sequenze di documentazione etno-musicologica. I piani narrativi e quello documentario sono tenuti insieme da una struttura dinamica che li fa slittare così che la narrazione posta inizialmente in primo piano passa progressivamente in secondo rispetto alle esibizioni di musica e danza.

Nell’incipit, si delinea la cornice narrativa: un racconto letto in voce off da quella che ad un certo punto si rivela essere un’insegnante di lingua yiddish in Argentina. È la storia di un impostore, Yankel, ambientata agli inizi del Novecento in un villaggio dei Carpazi collocato oggi in Ucraina “ma che solo il ‘senza nome’ sa dove si troverà in futuro”. La storia è raccontata dal punto di vista di Satana, il cui intervento dissemina insidie che conducono i personaggi a un avventuroso racconto di formazione e de-formazione. Il racconto rappresenta, in modo allegorico, “come un intero popolo abbia deciso di voltare le spalle alla propria storia e seppellirne la cultura”: quella cultura è l’yiddish, soppiantato dall’ebraico per numerose ragioni (geopolitiche, economiche, storiche, di genere) che il film tenta di ricostruire inseguendo le ultime tracce rimaste in Europa orientale della musica klezmer tradizionale che di quella cultura è figlia. 

L’impostore si innamora di Taibele, figlia del rabbino e, pur di starle accanto e aspirare alla sua mano, mente spacciandosi per uno studioso di Torah; i due iniziano a frequentarsi e a tradire la fiducia del rabbino con tutta una serie di conseguenze tragicomiche. A questa narrazione, fa eco la storia di Leandro e Paloma, sia registi sia interpreti, che costituisce una riscrittura, una variante della novella, con l’uno regista di matrimoni e l’altra musicista klezmer incontrata per caso a una cerimonia. Satana interviene nel momento in cui, spinto dal desiderio di conoscere meglio la ragazza, Leandro si improvvisa impegnato nella realizzazione di un documentario sulla storia della musica klezmer cui vorrebbe la ragazza partecipasse. L’impostura si spinge così avanti che il giovane finisce per trovare un produttore austriaco per un film che da finto è costretto a diventare via via sempre più vero con sequenze straordinarie di esibizioni girate per lo più, ma non solo, in Bessarabia, regione di confine tra Romania e Ucraina di cui la nonna di Leandro è originaria: citiamo, per esempio, la famiglia Covaci o ciò che resta della leggendaria Tecsoi Banda a Tyachiv.

Di villaggio in villaggio, Leandro incontra musicisti folk che tengono in vita i residui di una memoria culturale sotterrata e minacciata di estinzione. Raccontare la storia di quella musica significa intraprendere un viaggio nel cuore di un’Europa dolorante, alla ricerca delle radici scomparse della lingua e della cultura yiddish che ha tenuto a battesimo quel genere musicale ma che ormai è stata soppiantata dall’ebraico per ragioni che nell’incipit del film, una citazione di Max Weinreich riassume così: “una lingua è un dialetto con dietro un esercito”.

Quel che inizialmente sembrava un’opera un po’ stralunata su un giovane senza talento e senza storia, finisce per diventare un atto di resistenza culturale, di salvaguardia di un patrimonio affettivo e artistico la cui sopravvivenza ha anche un valore politico. Testo e pretesto si scambiano di posto e si confondono: nell’universo narrativo del film il documentario sul klezmer è un pretesto per intrecciare una storia d’amore ma in realtà finiamo via via per assistere all’esatto contrario, ovvero a una storia d’amore che si trasforma in un’esplorazione storica, antropologica e politica sulla scorta degli studi di Susana Skura per cui “la sequenza naturale nella vita di un individuo si completa con la morte. La sequenza naturale nella vita di una cultura, invece, si completa con il passaggio di generazione in generazione. È innaturale per una cultura morire così come lo è per un individuo non morire. Le culture e le lingue non muoiono mai di morte naturale, ma di assassinio”.

Koch e Schachmann avrebbero voluto filmare in Europa nel 2020 ma poi è intervenuta a bloccarli la pandemia, portando via con sé, purtroppo, alcuni degli artisti che avrebbero dovuto partecipare al progetto. Appena è stato possibile, i due sono tornati in quelle zone per riprendere le fila del documentario proprio mentre il clima politico andava facendosi sempre più inquietante. Le sequenze ambientate in Ucraina ora ci restituiscono qualcosa che non esiste più, inghiottito dalla guerra, disperso e dissipato dalla violenza e dalla paura.

© CultFrame 02/2023

TRAMA

Nell’Argentina dei giorni nostri, Leandro è un giovane di famiglia ebraica e regista di matrimoni che ad una cerimonia incontra Paloma, musicista klezmer. Per poterla conoscere meglio e frequentare si inventa un progetto di documentario sulla musica klezmer che finirà per portarli entrambi nel cuore dell’Europa, alla ricerca delle radici recise della cultura yiddish.

CREDITI
Regia: Leandro Koch e Paloma Schachmann / Sceneggiatura: Leandro Koch e Paloma Schachmann / Montaggio: Leandro Koch & Javier Favot / Fotografia: Leandro Koch & Roman Kasseroller / Paese, anno: Austria-Argentina, 2023 / Produzione: Andrew Sala, Lukas Rinner, Sebastián Muro, Yael Svoboda, Leandro Koch, Paloma Schachmann / Interpreti: Leandro Koch, Paloma Schachmann, Perla Sneh, Rebeca Ianover, César Lerner, Marcelo Moguilevsky, Lukas Rinner, Vanya Lemen, Ivan Popovych, Simkhe Nemet, Vasile Rus, Bob Cohen, Victor Covaci, Dumitru Covaci, Nicolae Covaci, Gheorghe Covaci / Durata minuti: 115 min.

Silvia Nugara

Silvia Nugara ha un dottorato di Linguistica Francese e i suoi interessi ruotano attorno alle relazioni tra il linguaggio e la costruzione della realtà sociale, con particolare riferimento agli immaginari e ai discorsi relativi alle soggettività di genere. Attualmente è redattrice di Punto di Svista e Cultframe - Arti visive.

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