Il sol dell’avvenire ⋅ Al di là dei luoghi comuni sul cinema di Moretti

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

Vado subito al sodo e cerco, così, di smarcarmi dall’inevitabile tendenza alla grafomania, spesso imbarazzante, che prende chi scrive (probabilmente me compreso, in passato) sui film di Nanni Moretti. Il sol dell’avvenire possiede due elementi di indubbio interesse. Il primo: la visione del cinema, e in genere dell’arte, come atto non solo estetico ma anche, e soprattutto, etico. Il secondo: il rammarico umano e politico per il fatto che le idee di Frederich Engels e Karl Marx non siano mai state realmente messe in pratica e per la sciagurata posizione togliattiana  sulla rivolta ungherese del 1956.
Questioni di non poco conto che Moretti risolve in modi diversi. Da una parte, infatti, si addentra correttamente in una narrazione di tipo teorico-saggistico, dall’altra si affida a un racconto di tipo classico (che include la fattispecie del film nel film) sulle speranze e le illusioni dei comunisti italiani riguardo una loro possibile diversità politica e umana rispetto al comunismo sovietico di stampo staliniano.

Moretti ha ragione da vendere su entrambi i punti. La superficiale deriva contemporanea pompata dal “tarantinismo” filmico, tanto amato da una cinefilia un po’ sprovveduta e incolta, ha spazzato via il senso dell’atto di fabbricazione artistica. Il trionfo di un’estetica filmica (passatemi il gioco di parole) estetizzante (spinta in special modo dalle piattaforme digitali), cioè vacua e priva di sentimento espressivo, ha rimosso l’etica come principio fondamentale dell’azione umana anche nel campo dell’arte. “L’estetica senza etica è cosmetica”, frase attribuita all’artista tedesco Ulay, mi sembra affermazione più che mai attuale, se la riferiamo al cinema contemporaneo e all’uso insensato che spesso viene fatto della violenza come elemento contenutistico e visuale.

L’aspetto politico legato al comunismo italiano, e all’applicazione del comunismo in generale, richiama una concezione nostalgica per nulla convenzionale. Moretti, infatti, non sembra avere nostalgia per i tempi passati, cioè per qualcosa che è stato. La sua è una nostalgia per qualcosa che non si è mai verificato, e che rappresenta un vuoto nelle menti di chi grazie al marxismo aveva sognato un mondo migliore. Ecco, proprio questa è una visione allo stesso tempo estetica ed etica che si manifesta attraverso un principio di tipo poetico. 

Se mi mettessi ora a scrivere sulle citazioni e autocitazioni presenti nel film, sulle “battute” morettinane che tutti ben conosciamo, sull’uso delle canzoni italiane, sulle danze improvvise del cast, sul modo in cui Nanni Moretti dirige gli attori e sulla sua regia, questioni anch’esse più che sviscerate in relazione a tutta la sua carriera, personalmente lo riterrei un grave errore poiché parteciperei alla grafomania di cui ho detto all’inizio di questo articolo.
Il sol dell’avvenire, anche se in alcuni passaggi (vedi quelli circensi e la sequenza finale) può apparire vagamente magniloquente, in realtà è un film sintetico e rigoroso. Questo è il suo maggiore pregio, e intendo rispettarlo.

Voglio chiudere ribadendo la questione della nostalgia rispetto a qualcosa di mai avvenuto (o più correttamente di avvenuto con grande ritardo storico-politico). Tale aspetto è visualizzato nella scena conclusiva nella quale non si lascia spazio alla speranza, fortunatamente, ma ci vien fatto comprendere come l’immaginazione possa aiutarci a portare avanti la nostra esistenza facendoci assaporare brevi e sfuggenti momenti di felicità, o meglio di contentezza, che nessuno potrà mai impedirci di vivere.  

© CultFrame 04/2023

 

TRAMA
Giovanni è un noto regista che sta terminando un film sulla realtà comunista italiana degli anni cinquanta e su come il PCI si posizionò nei riguardi della feroce repressione sovietica in Ungheria. Nel frattempo, la sua vita privata non va benissimo e anche il suo film avrà seri problemi produttivi.

CREDITI
Titolo: Il sol dell’avvenire / Regia:  Nanni Moretti/ Sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesca Marciano, Valia Santella, Federica Pontremoli/ Fotografia: Michele D’Attanasio/ Montaggio: Clelio Benevento/ Musica: Franco Piersanti/ Interpreti: Nanni Moretti, Margherita Buy, Silvio Orlando, Barbora Bobulova, Matthieu Almaric, Jerzy Stuhr, Valentina Romani / Produzione: Sacher Film, Fandango con Rai Cinema, Le Pacte / Anno: 2023 / Paese: Italia, Francia / Durata: 95 minuti

Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

Articoli correlati

Previous
Next

1

About

New CULTFRAME – Arti Visive rappresenta la naturale evoluzione della precedente rivista fondata nel 2000. Vuole proporre ai lettori un quadro approfondito della realtà creativa italiana e internazionale. L’intenzione è quella di cogliere ogni nuovo fattore che possa fornire sia agli appassionati che agli addetti ai lavori un affresco puntuale e moderno riguardo gli sviluppi odierni delle Arti Visive.

3

COPYRIGHT © 2024 CULTFRAME – ARTI VISIVE.
TUTTI I DIRITTI RISERVATI. AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI ROMA N. 152 DEL 4 MAGGIO 2009