A voler ricostruire il senso del titolo dell’ultimo lungometraggio di Paul Vecchiali, presentato postumo in anteprima internazionale al 76° festival di Locarno, si rischia di smarrirsi nei meandri infiniti del senso e del non senso tanto più se ci si addentra nel gioco di rimandi incrociati tra l’aurorale Bonjour la langue e il suo crepuscolare contraltare godardiano Adieu au langage (2014). Che fosse un omaggio del decano del cinema francese all’omologo svizzero era stato lo stesso Vecchiali a dirlo sul suo muro Facebook il 26 dicembre 2022: “Pascal Cervo e io abbiamo terminato BONJOUR LA LANGUE in omaggio a Godard. Vada come può” e non sveliamo qui un gustoso botta e risposta ‘godardiano’ che si produce in una scena del film. Si potrebbe comunque speculare sulle accezioni che per cineasti raffinati come Godard e Vecchiali assumono concetti come lingua e linguaggio che hanno retto l’orizzonte teorico delle arti e delle scienze umane negli stessi anni in cui i due iniziavano a operare. Si potrebbero chiamare in causa le più diverse teorie della significazione, ragionando di rapporti tra sistemi semiotici, delle loro rispettive funzioni attraverso la storia e dei possibili destini del verbo nella società dell’immagine e dello spettacolo. A questo scopo andrebbe preso in considerazione Le livre d’image (2018) , rapsodia contrappuntistica di parole, suoni e filmati che sui titoli di coda dichiarava per voce dello stesso Godard la lapidaria impossibilità della lingua di essere linguaggio, intendendo forse – e certamente non solo – che un sistema organizzato di segni verbali non può recare in sé tutta la forza del linguaggio, ovvero della facoltà espressiva nel suo insieme multiforme e multimodale con tutta la potenzialità di disordine, ambiguità ed enigma fondamentali per cogliere lo spirito pulviscolare del nostro tempo.
Se Adieu au langage sembrava aver detto addio per sempre al senso, reso obsoleto dall’assurdo imperante della contemporaneità e dal rifiuto di porre il cinema sul piano violento della rappresentazione, ne Le livre d’image, Godard scandiva: «L’atto del rappresentare implica quasi sempre una violenza verso il soggetto della rappresentazione. C’è un vero contrasto tra la violenza dell’atto del rappresentare e la calma interiore della rappresentazione stessa». E allora, vale forse la pena ipotizzare che non sia sul piano della rappresentazione e dunque del senso che si pone il titolo del film di Vecchiali bensì sul piano del gesto, ludico e dialettico, aperto all’affettività e all’erotica delle possibilità immaginifiche. Non a caso Vecchiali ha scelto di realizzare quest’opera attraverso l’improvvisazione recitando all’impronta con uno dei suoi attori favoriti degli ultimi anni, Pascal Cervo, che si conferma un talento fuori dal comune. Nell’intervista raccolta nel recente volume Paul Vecchiali, Once More (Editions de l’Oeil, 2023) Cervo ha raccontato di aver chiesto al regista quale fosse la differenza tra lingua e linguaggio senza ottenere risposta come se non volesse far rientrare la questione nel canovaccio predisposto. Un canovaccio tutto basato sull’incontro dopo tanti anni tra un padre e un figlio che non hanno mai imparato ad amarsi ma che ci provano con tutte le forze nel corso di una giornata che per il padre potrebbe anche essere l’ultima.
La lingua, oggetto verso il quale Vecchiali ha sempre nutrito un amore quasi fisico, è il soffio che sospinge questa macchina cinematografica solida ma leggera sulle onde del tempo e della memoria. Una memoria in equilibrio, qui come sempre e più che mai, tra il cinema e la vita, tra i sogni di celluloide e il dolore di lutti mai estinti. Bonjour la langue ritrova tanto l’improvvisazione a due di Trous de mémoire (1984), con Françoise Lebrun, quanto il conflitto padre-figlio de Le cancre (2016). Di quest’ultimo sono riproposte, in guisa di flashback, alcune brevi sequenze così che a distanza di quasi dieci anni lo sguardo misura con emozione l’impatto del tempo sui corpi (analogamente a quanto avveniva ne La casa sul mare di Guédiguian, altro regista costruitosi nel tempo una famiglia cinematografica). Il film ha una struttura netta, matematica: tre luoghi (la villa, il ristorante, il giardino) e tre funzioni (il conflitto, la riconciliazione, l’agnizione) in tre sequenze di cui due in campo/controcampo filmate con due macchine da presa in contemporanea. Vecchiali, nella fatica dei suoi quasi novantatré anni sembra svolgersi come una bobina, con le energie che durano fino al limitare della scena. Spesso si commuove nelle pieghe di un dramma scenico e personale, fino a un parossismo che non teme l’incoerenza perché è proprio nelle crepe di una sceneggiatura inesistente che si infila inesorabile il gioco vitale dell’invenzione.
© CultFrame 08/2023
TRAMA
Charles e Jean-Luc si incontrano dopo diversi anni di separazione. Sono un padre e un figlio, che da tempo ha abbandonato la casa di famiglia nel Sud della Francia sentendo solo saltuariamente la madre e la sorella, nel frattempo decedute. L’anziano ha atteso a lungo il ritorno del figlio e quando questi compare nella sua villa il loro confronto decisivo non può più essere rinviato.
CREDITI
Titolo: Bonjour la langue / Regia: Paul Vecchiali / Sceneggiatura: Paul Vecchiali e Pascal Cervo / Fotografia: Philippe Bottiglione / Montaggio: Vincent Commaret / Interpreti: Paul Vecchiali, Pascal Cervo, Julien Lucq / Musica: Roland Vincent / Paese: Francia, 2023 / Durata: minuti