Italo Calvino, lo scrittore sugli alberi. Un film di Duccio Chiarini⋅80° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia⋅Giornate degli Autori

SCRITTO DA
Claudio Panella

Proiettato al Lido consecutivamente a un omaggio a Citto Maselli, scomparso a marzo 2023, in cui si è potuto rivedere il suo film televisivo ‘calviniano’ Avventura di un fotografo (1983), il documentario Italo Calvino, lo scrittore sugli alberi è stato presentato nell’ambito della 80° Mostra di Venezia come evento speciale delle Giornate degli autori nell’anno del 100° compleanno di Calvino, nato a Cuba il 15 ottobre 1923. Trattandosi del documentario ‘ufficiale’ prodotto in questa ricorrenza, il giovane regista Duccio Chiarini ha avuto la possibilità di intervistare anche la figlia Giovanna Calvino e di utilizzare carte private (come alcune lettere di Italo all’amata moglie Esther, detta Chichita) oltre che repertori fotografici rari, compresi i preziosi filmati 9mm realizzati da Mario Calvino con una piccola cinepresa all’avanguardia per l’epoca e che mostrano Italo e suo fratello bambini nella villa di famiglia di Sanremo. Queste e altre immagini che illustrano il racconto si debbono al prezioso lavoro dell’associazione bolognese Home Movies-Archivio Nazionale del Film di Famiglia. 

Chiarini ha quindi potuto riunire studiosi da tutto il mondo e testimoni, come in particolare l’amico e collega all’Einaudi Ernesto Ferrero, per tentare di produrre con l’inevitabile sintesi necessaria un ritratto il più possibile compiuto di un intellettuale dalle molte vite e dalle tante sfaccettature, cui non a caso Domenico Scarpa ha recentemente dedicato un volume-mosaico di quasi novecento pagine intitolato Calvino fa la conchiglia (Hoepli, 2023). Se Scarpa, ispirandosi al racconto La spirale, edito ne Le cosmicomiche (1965), con protagonista un mollusco che abita una conchiglia e cui l’autore affidò riflessioni autobiografiche, ha riletto l’esistenza di Calvino e i suoi libri ‘impossibili’ dai sorprendenti ‘esoscheletri’, Chiarini ne ripercorre invece la vita e le opere a partire da un’altra sua autorappresentazione letteraria, ovvero Il barone rampante (1957).

Questo romanzo non è solo il secondo volume della cosiddetta ‘trilogia araldica’ inaugurata nel 1952 da Il visconte dimezzato, ma soprattutto l’esito di un momento storico nevralgico, in cui lo scrittore si dissociò dal PCI a seguito della mancata condanna dell’invasione sovietica dell’Ungheria. La sua figura è dunque ritratta da Chiarini e dalle persone da lui intervistate come un letterato impegnato, che in quella delicata congiuntura deve ridefinire i metodi della sua azione politica. Come scrisse in una lettera a Paolo Spriano (riportata nel film): “È difficile fare il comunista stando da solo. Ma io sono e resto un comunista. Se riuscirò a dimostrarti questo, t’avrò anche dimostrato che il Barone rampante non è un libro troppo lontano dalle cose che ci stanno a cuore”. E difatti, Calvino stesso ammetteva in un’intervista concessa alla televisione francese per presentare la traduzione del libro apparsa oltralpe nel 1960: “Eh bien… peut-être que je vis dans les arbres”.

Nel film di Duccio Chiarini è a Mario Barenghi, uno dei principali curatori dell’opera calviniana, e al suo attuale traduttore francese Martin Rueff che spetta il ruolo di ricostruire la formazione e la ridefinizione continua della postura dello scrittore destinato a trasferirsi dopo i molti anni torinesi proprio a Parigi. Ma nel documentario c’è forse un anello mancante che è utile riportare in primo piano: oltre alla cesura drammatica eppure essenziale all’avvio della sua scrittura rappresentata dalla Resistenza, che diede un “paesaggio” alla sua vocazione narrativa, oltre al confronto con il cinema scoperto da ragazzo nelle sale di Sanremo (Chiarini ci mostra ad esempio una sequenza di Accadde una notte di Capra, amando all’epoca Calvino il genere screwball comedy), oltre all’apprendistato umano e professionale maturato in Einaudi con Pavese e Vittorini, correttamente citati, va ricordata anche l’impresa che assorbì lo scrittore per quasi tre anni arrivando in libreria proprio a ridosso dell’invasione sovietica dell’Ungheria ovvero la raccolta einaudiana di più di mille pagine delle Fiabe italiane (1956).

 

 

Per un autore che in seguito si appassionerà delle più varie discipline, dall’antropologia alle scienze dure, l’analisi e il raffronto di centinaia di fiabe provenienti dalle tradizioni regionali italiane (e non solo) rappresentarono un essenziale approfondimento di motivi, temi e strutture narrative che nutrirono a lungo la vena favolistica, e anche allegorica, dell’autore della parabola del Barone Cosimo Piovasco di Rondò, de Il cavaliere inesistente (1959), di Marcovaldo (1963) ma anche de Il castello dei destini incrociati (1969), Le città invisibili (1972) e Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), tra gli altri.

Tra gli interventi più godibili del film di Duccio Charini, c’è poi quello del musicista Stefano Bollani che fa risuonare al piano qualche accordo delle canzoni di cui Calvino scrisse il testo negli anni Cinquanta per il gruppo del Cantacronache. La leggenda racconta che lo scrittore stesso le intonò con voce semi-baritonale al debutto ufficiale del gruppo, ospitato il 3 maggio 1958 dall’Unione Culturale di Torino grazie al loro sostenitore (e autore anch’egli di molte canzoni) Franco Antonicelli, altra figura che segnerà la formazione intellettuale di Calvino e con cui condivideva la passione per le fiabe.

Nella meditazione continua sulle cose del mondo, dall’attualità all’universo, la “vista uccellina” proverbialmente calviniana, quella forma mentis impressa dal paesaggio dell’entroterra sanremasco, tra opaco e aprico, quello sguardo esercitato tanto al microscopio che al telescopio – si pensi a Palomar (1983) – che ha guidato Calvino per tutto il suo singolare percorso sono senz’altro indicazioni di metodo ancora utili per cercare di orientarsi nella nostra quasi illeggibile contemporaneità. Chiarini ci lascia giustamente con i consigli per il nuovo millennio che Calvino diede in un’intervista televisiva del 1981: imparare poesie a memoria, fare calcoli a mano e combattere l’astrattezza del linguaggio; sapere che “tutto quello che abbiamo ci può essere tolto da un momento all’altro […] sapendo che da un momento all’altro tutto quello che abbiamo può sparire in una nuvola di fumo”.

© CultFrame 08/2023

TRAMA

Italo Calvino, a cent’anni dalla sua nascita, continua a rappresentare una figura ricca di sfumature e insegnamenti stimolanti. Studiosi e amici lo ricordano ripercorrendo tutto l’arco della sua vita.

CREDITI
Regia: Duccio Chiarini / Sceneggiatura: Duccio Chiarini, Sofia Assirelli, Claudia Lachina / Montaggio: Maria Fantastica Valmori / Fotografia: Debora Vrizzi / Scenografia: /  Costumi: / Musica: Umberto Smerilli, Angelo Maria Farro / Interpreti: Mario Barenghi, Stefano Bollani, Giovanna Calvino, Merve Emre, Ernesto Ferrero, Letizia Modena, Martin Rueff, Paolo Virzì, Ariana Ascaride / Paese, anno: Italia-Francia, 2023 / Produzione: Panamafilm con ARTE G.E.I.E., Les films d’Ici, Luce Cinecittà/  Durata: 76 minuti

SUL WEB
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito

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Claudio Panella

Claudio Panella, Dottore di ricerca in Letterature e Culture Comparate, si interessa in modo particolare alle interazioni tra la letteratura e le arti, alle trasfigurazioni letterarie del paesaggio e della città, alle rappresentazioni del lavoro industriale e post-industriale nella letteratura italiana ed europea. Attualmente è redattore di Punto di Svista - Arti Visive in Italia e CultFrame - Arti Visive.

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