Il lato oscuro dei comportamenti umani nella serie Una spia tra di noi

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

Azioni rocambolesche? Ritmo frenetico? Sparatorie pirotecniche? Supereroi senza macchia? Bene contro il male? Niente di tutto ciò: dimenticatevi la prevedibile chincaglieria del genere spy story e dell’action movie. Dimenticatevi dell’uso di tecnologie futuribili e di uffici super attrezzati. Sì, c’è qualche microspia qua e là, e ci sono alcuni soggetti che ascoltano conversazioni “ private”, ma le ovvietà dello spionaggio filmico e seriale si fermano qui.
Una spia tra di noi – Un amico leale fedele al nemico (A Spy Among Friends) spazza via quasi tutti i luoghi comuni del suo genere e si configura come un documento visuale e narrativo basato sull’idea anticonvenzionale (ma non esattamente nuova) del racconto di natura psicologica. Non solo, vengono messi in campo altri significativi elementi: l’identità individuale, il sentimento collettivo di appartenenza, il confine permeabile tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, il sentimento ambiguo dell’amicizia, la ragion di Stato, le convinzioni ideologiche individuali, la realtà immaginata e quella percepibile dai sensi, l’ossessione del ricordo.

Lo scenario è quello post-bellico della Guerra Fredda, un periodo storico estremamente delicato durante il quale i servizi di intelligence occidentali e quello sovietico si fronteggiavano in una lotta segreta molto complessa, a tratti per nulla decifrabile.
La vicenda che è alla base di Una spia tra di noi – Un amico leale fedele al nemico è stata delineata a livello letterario da Ben Macintyre e portata sul piccolo schermo da Alexander Cary (ideatore) e Nick Murphy (regista).
Si tratta di eventi storici, decisamente imbarazzanti per il Regno Unito, realmente accaduti. In un periodo che va dalla Seconda Guerra Mondiale ai primi anni sessanta alcuni alti gradi del SIS (servizio segreto per l’estero della Gran Bretagna) furono niente altro che infiltrati ai massimi livelli del KGB. Il più noto tra tutti fu Kim Philby, agente di notevole rango del SIS (attivo in varie parti del mondo), il quale nel 1963 disertò in favore dell’Unione Sovietica, paese di cui divenne cittadino, assumendo nel KGB (dopo alcuni anni) il ruolo di formatore degli agenti russi che avevano il compito di infiltrarsi in occidente.

 

A parte le questioni di carattere storico-politico (e geopolitico), ciò che maggiormente ha destato la mia attenzione riguardo la serie tv di Cary e Murphy è il tono quasi straniante e certamente tutto interiore della parabola narrativa. Philby, interpretato da un perfetto Guy Pearce, rappresenta la massima esaltazione contenutista dell’ambiguità umana. Ironico, triste, pensieroso, capace di improvvise tirate esistenziali oltre le righe, mentitore sublime, Philby per decenni cela la sua reale identità costruendo una fitta rete di relazioni amicali dentro il SIS. É sincero il suo affetto per l’ufficiale Nicolas Elliott, interpretato da Damian Lewis? E i rapporti con la moglie e la madre sono reali o anch’essi macchiati da un lato oscuro inconfessabile? Philby, di fatto, è un enigma, un punto interrogativo senza risposte, un abisso di senso, un precipizio di (non)significati. Il suo reale attaccamento al comunismo sembra incrollabile anche se la sua “nuova” vita a Mosca lo fa cadere in una feroce depressione e nell’alcol. Non prima, però, di fare un ultimo regalo al KGB rivelando una base segreta della CIA nella capitale sovietica.

Elliott, invece, è apparentemente più distratto, per certi versi ingenuo. Ma così non è, il suo ragionamento è sempre lucidissimo, i suoi comportamenti perfettamente commisurati al suo delicatissimo ruolo, le sue intuizioni fulminanti. Certo, la sua amicizia per Philby sarà decisiva per la fuga in URSS di quest’ultimo, ma alla fine sarà l’unico esponente del SIS su cui ogni sospetto di tradimento non troverà conferma.

Una spia tra di noi – Un amico leale fedele al nemico è, dunque, un affresco denso di sfumature di un universo per sua natura equivoco, sdrucciolevole, perfino impervio per chiunque non sia abituato a frequentarlo. Il mondo dello spionaggio è narrato attraverso una dinamica tutta interiore, oscura, sfocata, inquietante. Niente è urlato, a livello espressivo, nulla è prevedibile.
Anche dal punto di vista visuale e registico non è riscontrabile un solo riferimento alla banalità del genere. Le inquadrature concepite da Nick Murphy sono costantemente stratificate e segmentate, sempre problematiche. Costringono il fruitore a cercare, a indagare, a tentare di cogliere ogni possibile sfumatura, mentre la fotografia cupa e angosciosa stimola chi guarda alla riflessione intellettuale.

Ad aumentare la complessità della trama è il sapiente gioco di intrecci temporali che tende a costruire un destabilizzante groviglio di impulsi e a far dirigere la concentrazione dello spettatore verso la sfera interiore dei personaggi. Tutti i soggetti che fanno parte del racconto pensano (moltissimo), analizzano, ricordano, pensano di ricordare, prendono delle topiche devastanti, immaginano, si confrontano quasi sempre senza dirsi la verità.

In tal senso, il mondo segreto e psicologicamente pericoloso di Una spia tra di noi – Un amico leale fedele al nemico allude in modo chiaro all’incomprensibilità delle relazioni umane in generale, all’indecifrabilità dei sentimenti, alle problematiche morali ed etiche dei comportamenti soggettivi. Tutto dipende da quale parte noi guardiamo il male e il bene.

© CultFrame 08/2023

 

CREDITI

Titolo: Una spia tra di noi – Un amico leale fedele al nemico / Titolo originale: A Spy Among Friends / Soggetto: dal libro di Ben Macintyre A Spy Among Friends: Kim Philby and the Great Betrayal / Ideazione: Alexander Cary / Regia: Nick Murphy / Sceneggiatura: Alexander Cary / Fotografia: Nanu Segal / Montaggio: Matthew Gray, Edel McDonnell / Musiche: Dustin O’Halloran / Produzione: Veritas Entertainment Group, Ginger Biscuit Entertainment, Itv Studios, Sony Pictures televisione / Rete televisiva italiana: Sky Atlantic (2023) / Anno: 2022 /  Interpreti: Damian Lewis, Guy Pearce, Anna Maxwell Martin, Stephen Kunken, Adrian Edmonson / Paese: Regno Unito

Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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