Daaaaaali!. Un film di Quentin Dupieux⋅80° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia⋅Fuori Concorso.

SCRITTO DA
Silvia Nugara
ATELIER DE PRODUCTION FRANCE 3 CINEMA-2023

Che anno incredibile il 2023 per Quentin Dupieux : a distanza di un mese ha presentato Yannick in competizione a Locarno e Daaaaaali! fuori concorso alla Mostra di Venezia. Per la verità, già nel 2022 la proiezione di Fumer fait tousser in maggio a Cannes dopo che nel febbraio la Berlinale aveva programmato Incroyable mais vrai aveva spiazzato. Anche perché si tratta di film completamente diversi per quanto contrassegnati da quel misto di follia e inquietudine che è un po’ la cifra del musicista-sceneggiatore-regista francese. Dupieux tritura i codici dei generi cinematografici per trasformarli nell’humus in cui coltivare la sua ossessione per il ritmo. Film d’orrore, poliziesco, thriller, fantascienza, dramma teatrale: quel che conta è solo la cadenza del montaggio e il suono dei dialoghi scritti come spartiti dagli accenti precisi. La durata si fa così tratto di stile e mentre il cinema si dirige da anni nella direzione dell’eccesso e la serialità prende in ostaggio il pubblico confiscandogli ore e giorni, talvolta senza nemmeno un po’ di piacere in cambio, l’autore di Rubber (2010) si mantiene al contrario su misure essenziali evitando di stiracchiare le sue idee fino al superfluo (Yannick e Daaaaaali! durano rispettivamente 65’ e 77’).

Daaaaaali! non sarà forse inventivo quanto Reality (2014), Au poste! (2018), Le Daim (2019) o Mandibules (2020) ma sa portare ancora una volta all’estremo le potenzialità ludiche del cinema risalendo alla sua matrice illusionistica da Méliès a Buñuel. Il tutto al servizio di una comicità lieve, fatta di tempi distorti, dilazioni, inversioni e sostanzialmente di poesia poiché è appellandosi alla funzione poetica del linguaggio – tanto verbale quanto cinematografico – che il regista-sceneggiatore-montatore orchestra questa commedia sul mondo e i modi di Dalì attraverso il prisma della propria immaginazione.

Tutti gli attributi del Dalì-maschera sono presenti: l’eloquio prezioso, l’accento marcato, il baffetto-firma, l’abbigliamento ricercato con le espadrillas, la villa a Cadaqués, gli animali totemici e gli oggetti feticcio affiancati dalla presenza di una gelida Gala e contaminati con le personali ossessioni contemporanee del regista: un tunnel spazio-temporale, le immagini low-fi su vecchi schermi, le deformazioni fisiche, le espressioni linguistiche ridicole o esagerate come tutte le “a” del titolo. I quadri dell’artista prendono forma, simbolo e metafora svaniscono trasformando la figurazione in descrizione, lo scarto surreale si fa ritratto dal vero e l’acqua sgorga veramente da un pianoforte come in Fontaine nécrophilique coulant d’un piano à queue. Il risultato è tanto esilarante quanto piacevolmente dissacrante.

 

ATELIER DE PRODUCTION -FRANCE 3 CINEMA-2023

La forma prende il sopravvento sul senso, l’arte dilaga oltre i confini della realtà, il sogno scalza la logica razionale, tempo e spazio vanno in frammenti e lo stesso accade al personaggio di Salvador Dalì così incredibile che sono attori diversi a dargli corpo ciascuno a proprio modo e senza alcuna pretesa mimetica, anzi. Gilles Lellouche, Édouard Baer, Jonathan Cohen, Pio Marmaï, Didier Flamand portano ciascuno una propria via espressiva. Con loro doveva esserci anche Pierre Niney che poi ha abbandonato il progetto ma resta ringraziato nei titoli di coda. Siamo perciò in un territorio interpretativo completamente diverso dal Dalì portato in scena dal Robert Pattinson pre-Twilight nel biopic Little Ashes (2010) ma anche dall’Adrien Brody di Midnight in Paris (2011) e pure del più recente Dalíland (2022) di Mary Harron con Ben Kingsley. Siamo altrove anche rispetto a I’m Not There (2007) i cui sei diversi interpreti avevano lo scopo di rappresentare le anime e le metamorfosi del personaggio Bob Dylan. Daaaaaali! non rappresenta né enuncia ma gioca, sperimenta con il non-senso e strizza un occhio a Quell’oscuro oggetto del desiderio (1977). Perché in fin dei conti Dupieux rende un omaggio congiunto a quei due geniacci che scrissero Un chien andalou e che in una scena del suo film siedono fianco a fianco in terrazza mentre Salvador ha una crisi di narcisismo senile.

Attraverso di loro, il film non solo ridesta lo spirito decadentista dell’arte per l’arte, l’ambizione di trasformare la vita stessa in opera, ma soprattutto dichiara il proprio affetto verso una generazione audace e libera come sembra oggi impossibile tornare ad essere. E dunque al di là della derisione nei confronti dell’abnorme megalomania di Dalì, della sua eccentricità fine a se stessa, delle provocazioni urticanti, quel che emerge, anche attraverso il contributo di una significativa colonna sonora, è un’affettuosa malinconia. Per ciò, nonostante qualche ridondanza e battuta inefficace, Daaaaaali! è un film pregevole: perché ha il coraggio della tenerezza. Una tenerezza che si esprime anche attraverso la scelta di un cast di presenze affezionate nella “famiglia” cinematografica di Dupieux come Anaïs Demoustier o Pio Marmaï e “novità” azzeccate come Romain Duris o la star tv Édouard Baer.

© CultFrame 09/2023

TRAMA

Ex farmacista prestata al giornalismo, Judith tenta di realizzare un’intervista con il megalomane Salvador Dalì. Ma l’impresa sembra impossibile, ogni appuntamento fallisce, si interrompe, naufraga in un susseguirsi di incidenti, incomprensioni, atti mancati e incompiuti che ricordano un film di Luis Buñuel.

CREDITI

Regia: Quentin Dupieux / Sceneggiatura: Quentin Dupieux / Montaggio: Quentin Dupieux / Fotografia: Quentin Dupieux / Scenografia: Joan Le Boru / Costumi: Isabelle Pannetier / Musica: Thomas Bangalter / Interpreti: Anaïs Demoustier, Gilles Lellouche, Édouard Baer, Jonathan Cohen, Pio Marmaï, Didier Flamand, Romain Duris / Francia, 2023 / Produzione: Thomas Verhaeghe, Mathieu Verhaeghe, France 3 Cinéma/ Distribuzione: Lucky Red / Durata: 77 minuti.

Condividi
Silvia Nugara

Silvia Nugara ha un dottorato di Linguistica Francese e i suoi interessi ruotano attorno alle relazioni tra il linguaggio e la costruzione della realtà sociale, con particolare riferimento agli immaginari e ai discorsi relativi alle soggettività di genere. Attualmente è redattrice di Punto di Svista e Cultframe - Arti visive.

Articoli correlati

Previous
Next

1

About

New CULTFRAME – Arti Visive rappresenta la naturale evoluzione della precedente rivista fondata nel 2000. Vuole proporre ai lettori un quadro approfondito della realtà creativa italiana e internazionale. L’intenzione è quella di cogliere ogni nuovo fattore che possa fornire sia agli appassionati che agli addetti ai lavori un affresco puntuale e moderno riguardo gli sviluppi odierni delle Arti Visive.

3

COPYRIGHT © 2024 CULTFRAME – ARTI VISIVE.
TUTTI I DIRITTI RISERVATI. AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI ROMA N. 152 DEL 4 MAGGIO 2009