In seguito all’exploit ottenuto dai suoi Wheel of Fortune and Fantasy e Drive my car, entrambi datati 2021 e premiati rispettivamente a Berlino e a Cannes portando il secondo fino all’Oscar per il Miglior film straniero, pare che il successivo film di Ryusuke Hamaguchi sia arrivato inatteso (ovvero non su invito) alla Mostra di Venezia 2023 senza che i radar dei grandi festival internazionali l’avessero previsto. All’origine del film c’è in effetti l’occasione di creare un racconto visivo per una performance live della musicista Eiko Ishibashi da cui si è originato un altro lavoro firmato da Hamaguchi, un video muto intitolato Gift. A tale collaborazione con colei che era già l’autrice delle musiche di Drive my car e alla sua partecipazione fortuita alla presentazione di un progetto di valorizzazione turistica in una provincia giapponese simile a quanto vediamo poi nel film, si deve il fatto che Eiko Ishibashi è accreditata anche come soggettista di Evil Does Not Exist.
A prescindere dalla derivazione autentica di quest’ultimo episodio, il dibattito tra la coesa comunità di un paesino di montagna e la società che vorrebbe impiantarci un glamping (camping confortevole per clientela glamour) che è al centro di Evil Does Not Exist richiama alla mente L’Arbre, le Maire et la Médiathèque (1993) di Éric Rohmer, regista che ha dichiaratamente ispirato a più livelli Hamaguchi, dal punto di vista stilistico e strutturale, in diversi suoi film. È però proprio la composizione di una struttura cristallina, più di qualsiasi nucleo tematico, il lavoro che il regista nipponico sembra prediligere anche in quest’opera che si apre e si chiude sull’immagine refrain (più volte diurna e infine notturna) delle chiome di un bosco filmate dal basso in lunghe carrellate.
Nella prima parte, dal ritmo assai piano e dalle lunghe inquadrature, assistiamo alla presentazione dei personaggi residenti in una regione dalla natura pressoché intatta ma non troppo distante da Tokio perché non la si possa raggiungere in qualche ora di autostrada. È per questo che – con almeno una lunga sequenza di dialogo tra conducente e passeggera che non può che ricordare Drive my car, anche se con maggiori tocchi di commedia – nella seconda parte del film entrano in scena i due personaggi inviati dalla capitale convinti di derubricare facilmente l’obbligo, da assolvere per riscuotere i finanziamenti pubblici, di informare la comunità del campeggio di lusso che vorrebbero impiantare in quei luoghi. Il progetto rischia però di inquinare le falde acquifere, ostacolare l’abituale transito dei cervi nella zona, portare in boschi non privi di insidie villeggianti inesperti della vita all’aria aperta e delle misure di sicurezza necessarie a evitare incendi e altre sciagure per la pace e l’equilibro ambientale.
Dopo letteratura (Murakami Haruki per Wheel of Fortune and Fantasy) e teatro (Čechov per Drive my car), il regista ha quindi trovato ispirazione tanto nella musica quanto nel paesaggio che l’ha a sua volta ispirata per costruire una partitura filmica nella quale, in un primo tempo, tutto sembra fluire lento e tranquillo. La vita dei protagonisti, il tuttofare Takumi (interpretato da Hitoshi Omika, membro della troupe di Wheel of Fortune and Fantasy alla sua prima prova d’attore dopo aver accompagnato il regista nei sopralluoghi ed essere così diventato un personaggio per lui inscindibile da quel paesaggio) che vive con la sua bambina e si scorda sempre d’andarla a prendere a scuola, la coppia di gestori di un ristorante che hanno lasciato la città da qualche anno, l’anziano sindaco del paese, scorre in armonia con la stagione fredda ma mite vissuta tra i boschi e le zuppe di udon bolliti nell’acqua di montagna. Ma, sistematicamente, i brani più ariosi della colonna sonora vengono interrotti in modo brusco da uno stacco netto, modalità apparentabile a quella con cui si realizza poi il climax drammatico con l’epilogo del racconto, deflagrante in pochi brevissimi quadri dove la violenza della natura ferita si impone sulle misere aspirazioni del genere umano.
© CultFrame 08/2023
TRAMA
Rimasto vedovo, Takumi vive con la figlioletta Hana nei boschi intorno alla località giapponese di Mizubiki, dove un giorno un’agenzia di spettacoli con base a Tokio decide di lanciare il progetto di costruire un glamping mettendo in pericolo l’equilibrio ecologico dell’area e la vita di chi vi abita.
CREDITI
Titolo originale: Aku Wa Sonzai Shinai / Regia: Ryusuke Hamaguchi / Sceneggiatura: Ryusuke Hamaguchi da un soggetto del regista e di Eiko Ishibashi / Montaggio: Ryusuke Hamaguchi, Azusa Yamazaki / Fotografia: Yushio Kitagawa / Musica: Eiko Ishibashi / Interpreti: Hitoshi Omika, Ryo Nishikawa, Ryuji Kosaka, Ayaka Shibutani. / Giappone, 2023 / Produzione: NEOPA-Fictive / Distribuzione internazionale: m-appeal / Durata: 106 minuti.
SUL WEB
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito