Non perderò tempo nell’elencare gli argomenti significativi, quanto ovvi, che sono alla base del film di Matteo Garrone Io capitano. E non mi soffermerò a evidenziare le condivisibili e rispettabili intenzioni (umane) che hanno spinto il regista a realizzare il suo ultimo lavoro.
Inutile, perché assolutamente scontato, sottolineare le evidenti capacità d’autore, rare per il cinema italiano, di Garrone. E sarebbe troppo prevedibile e banale utilizzare uno “spazio critico” per comunicarvi in modo dettagliato la mia posizione (che non interessa a nessuno) sul tema dell’immigrazione, naturalmente orientata verso l’accoglienza (senza se e senza ma).
Vorrei, invece, concentrami su una questione per me fondamentale: la sostanza culturale e le basi espressive dei proponimenti degli autori (regista e sceneggiatori) sulla base dei quali è stato edificato l’impianto del film.
Nel commento del regista pubblicato sulla pagina dedicata all’opera in questione sul sito della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografia di Venezia è possibile leggere queste affermazioni: “Io Capitano nasce dall’idea di raccontare il viaggio epico di due giovani migranti senegalesi che attraversano l’Africa, con tutti i suoi pericoli, per inseguire un sogno chiamato Europa. Per realizzare il film siamo partiti dalle testimonianze vere di chi ha vissuto questo inferno e abbiamo deciso di mettere la macchina da presa dalla loro angolazione per raccontare questa odissea contemporanea dal loro punto di vista…”.
Ebbene, dal mio punto di vista, connettere il termine epico con la terrificante, spaventosa, avventura del giovane protagonista si configura come una vera e propria dissonanza. Se per epico si intende eroico, leggendario e poeticoeevidentemente si è voluto trasportare una terribile vicenda umana e sociale, vissuta da tantissimi giovani (e non solo) africani, su un piano lirico che fa perdere ogni relazione possibile con la realtà di fatti autenticamente atroci e intollerabili.
Faccio solo due esempi. Il sogno a occhi aperti che Seydou fa in pieno deserto, quando immagina che la donna morente che ha soccorso si alzi leggiadramente in volo tenendo delicatamente la mano del protagonista, si manifesta come un “intervento poetico” per nulla consono alla situazione rappresentata. L’inquadratura finale (che non rivelo per chi ancora non abbia visto il film) nella sua potenza comunicativa insistita spinge l’acceleratore sul piano di un’emotività parossistica e consolatoria che nuoce fortemente al senso profondo (e giusto) del film e si situa all’opposto, dal punto di vista comunicativo, rispetto ad alcune (simili) immagini che chiudono il capolavoro di Pietro Germi Il cammino della speranza.
In sostanza, Io Capitano manca di quel rigore che sarebbe stato necessario per narrare una delle più orrende tragedie degli anni più recenti della nostra storia.
Forse è fin troppo esagerato, e magari ingiusto nei riguardi di Garrone, rispolverare la polemica che a suo tempo riguardò la carrellata “emotiva ed estetizzante” realizzata da Gillo Pontecorvo in Kapò, ma una certa puntuale “bellezza” delle inquadrature e una raffigurazione del paesaggio desertico un po’ leziosa, nonché un uso didascalico della musica, fanno pensare, appunto, a quella mancanza di rigore a cui sopra ho accennato.
Concludo questa mia riflessione sull’ultima opera di Matteo Garrone con una notazione, o meglio una confessione, che, forse, ad alcuni potrà apparire (legittimamente) poco pertinente dal punto di vista critico. Mentre vedevo scorrere davanti ai miei occhi le “belle” immagini e le sequenze emotive di Io Capitano, si insinuavano nella mia mente, a parte diversi lampi visuali provenienti da Lettere dal Sahara di Vittorio De Seta, alcune inquadrature di Germania Anno Zero. Non potevo fare a meno di pormi una domanda: come avrebbe trattato espressivamente il tema del tragico viaggio degli immigrati africani verso l’Europa un autore come Roberto Rossellini?
© CultFrame 09/2023
TRAMA
Seydou e Moussa sono due ragazzi di Dakar. I due hanno il sogno di diventare musicisti e di andare in Europa. Intraprendono, così, un terribile viaggio attraverso il deserto, la Libia e il Mar Mediterraneo che da ragazzi li trasformerà in adulti.
CREDITI
Titolo: Io Capitano / Regia: Matteo Garrone / Sceneggiatura: Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini, Andrea Tagliaferri / Fotografia: Paolo Carnera / Montaggio: Marco Spoletini / Scenografia: Dimitri Capuani / Produzione: Archimede, Rai Cinema, Tarantula, Pathé, Logical Content Ventures, RTBF, VOO, BeTV, Proximus, Shelter Prod / Distributore italiano: 01 Distribuito / Interpreti: Seydou Sarr, Moustapha Fall, Issaka Sawagodo, Hichem Yacoubi / Paese: Italia, Belgio / Anno: 2023 / Durata: 121 min.