Maestro. Un film di Bradley Cooper ⋅80° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia⋅Concorso.

SCRITTO DA
Silvia Nugara

La vita pubblica di Leonard Bernstein, compositore e direttore d’orchestra assurto con il suo genio versatile al rango di padre nobile della musica americana, è iniziata come quella di tante celebrità. O, più che altro, come la leggenda narra molti inizi di carriera: non frutto di dedizione fervente, implacabile impegno o totale assenza di scrupoli bensì di casualità. Una telefonata all’ultimo momento nel novembre del 1943, una sostituzione in corsa del maestro Bruno Walter alla Carnegie Hall per dirigere il Manfred di Schumann, nemmeno il tempo di una prova ed ecco che, a 25 anni, Lenny sale su un podio che pare il tetto del mondo. Da lì spicca il volo alla conquista di una vita completamente dedita alla musica, in cui ogni energia, ogni desiderio, ogni anelito di amore finiscono per trovare compimento pieno nell’arte e ogni frustrazione, dolore o rabbia una trasfigurazione e una catarsi.

Il biopic targato Netflix che Bradley Cooper dirige e interpreta con intensità atletica e mimetismo parossistico, racconta l’uomo e l’artista Bernstein attraverso il rapporto non convenzionale che ebbe con la moglie Felicia Montealegre, interpretata da Carey Mulligan con la sua nota maschera di dolore e dolcezza. Attrice di origine costaricana cresciuta tra il Cile e gli Stati Uniti, Felicia è un’artista a sua volta, consapevole delle difficoltà, delle esigenze e degli spazi che richiede il creare. E così, mentre Lenny giovane uomo ancora irrisolto oscilla nei meandri un sé scisso tra una moltitudine di desideri – amare gli uomini o le donne, comporre, dirigere o insegnare? Musica colta, jazz o musical? – lei gli fa da centro di gravità. Lo traghetta oltre dubbi ed esitazioni, lo convince che tutti quei diversi pezzi sparsi della sua identità non sono vulnerabilità ma forza. Lo sospinge, complice, oltre la cortina dei dubbi, bandendo menzogne e sotterfugi ma sopravvalutando la propria stessa capacità a reggere la bisessualità del marito.

Se Tár (2022) ritraeva la figura (inventata) di una diabolica ed egocentrica direttrice d’orchestra allieva di Leonard Bernstein, qui ci troviamo di fronte a un’operazione-Bernstein meno provocatoria che anzi blandisce e lusinga la figura femminile che sta accanto al grande Maestro sia nel sacrificio sia nell’ubris. Altra netta differenza rispetto al film con Blanchett, il poco spazio dato all’insegnamento che il compositore praticò anche in televisione diventando quasi un idolo pop per generazioni, compresi musicisti come i REM di cui a un certo punto dall’autoradio di Bernstein risuonano i versi di It’s the end of the world as we know it: “The other night I drifted nice continental drift divide/Mountains sit in a line, Leonard Bernstein/Leonid Brezhnev, Lenny Bruce and Lester Bangs”. La televisione infatti, così come il Berstein “attore” di se stesso, è la cornice a colori che apre e chiude questo lungometraggio con lui che rilascia un’intervista sulla sua vita trasformando tutto il film in un lungo flashback in bianco e nero.

Alla sua seconda regia dopo A star is born (2018), Cooper torna a dirigere un film d’ambientazione musicale. Raccontare Bernstein al cinema richiede di scegliere come gestire l’eredità cinematografica della sua opera, da Un giorno a New York (1949) a West Side Story (1961), passando per la colonna sonora di Fronte del porto (1954). Maestro frustra un po’ le aspettative di chi avrebbe immaginato o voluto il racconto del lavoro di equipe che portò alla creazione di WSS al teatro e al cinema senza per questo ignorare il capolavoro, anzi, alcuni dei temi principali di quella partitura sono stilizzati e riutilizzati in una sorta di ricontestualizzazione. A sua volta, le prove teatrali di Un giorno a New York a cui Felicia e Leonard assistono insieme dopo essersi appena conosciuti e innamorati permettono alla donna di capire che quell’amore sarà favoloso ma non sarà una passeggiata. Il teatro, la musica e la vita si fondono, confondono contaminano così come due persone che si amano finiscono con il tempo per adottare gesti e modi di dire l’una dell’altra. 

In una delle conversazioni della coppia, Leonard esprime la crisi esistenziale che sta attraversando con i versi della poeta Edna St. Vincent Millay: “I only know that summer sang in me / A little while, that in me sings no more” (So solo che l’estate cantava in me / E da un po’ di tempo che non la sento più). Quella volontà inesausta di sentirsi vivo e di veicolarla nelle partiture per condividerla con il mondo darà forma a Songfest sui versi di What Lips My Lips Have Kissed. Nell’idea che il frutto dell’opera di Bernstein possa diventare la colonna sonora della sua esistenza, sul finale, il film racconta la scrittura e la performance della Messa del 1971 senza raccontarne la ricezione controversa ma concentrandosi sul rapporto tra vita e musica perché quelli sono gli anni in cui Felicia si ammala e muore (1978) tra le cure devote di chi la amò per tutta la vita. Dolore e liberazione possono allora sfogarsi su una pista da ballo mentre risuonano le note non filologiche ma significative dei Tears for fear perché come disse lo stesso Bernstein “un’opera d’arte non dà risposte ma provoca domande e la sua essenza sta della tensione tra risposte contraddittorie”.

© CultFrame 08/2023

TRAMA

Quasi trent’anni di vita artistica di Leonard Bernstein sono stati segnati e accompagnati dall’unione con la moglie Felicia Montealegre con cui ebbe tre figli, viaggiò e visse un amore libero ma non senza contrasti, dato che il maestro amava anche gli uomini. Tra gioie, tradimenti e crisi, che cosa significa vivere accanto e nell’ombra di un grande Maestro? Una grande dichiarazione d’amore all’arte e alla passione.

CREDITI

Regia: Bradley Cooper / Sceneggiatura: Bradley Cooper e Josh Singer / Montaggio: Michelle Tesoro / Fotografia: Matthew Libatique / Scenografia: Kevin Thompson / Costumi: Mark Bridges / Musica: / Interpreti: Carey Mulligan, Bradley Cooper, Matt Bomer, Maya Hawke, Sarah Silverman, Josh Hamilton, Scott Ellis, Gideon Glick, Sam Nivola, Alexa Swinton e Miriam Shor / USA, 2023 / Produzione: Martin Scorsese, Bradley Cooper, Steven Spielberg, Fred Berner, Amy Durning e Kristie Macosko Krieger / Distribuzione: Netflix / Durata: 129 minuti.

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Silvia Nugara

Silvia Nugara ha un dottorato di Linguistica Francese e i suoi interessi ruotano attorno alle relazioni tra il linguaggio e la costruzione della realtà sociale, con particolare riferimento agli immaginari e ai discorsi relativi alle soggettività di genere. Attualmente è redattrice di Punto di Svista e Cultframe - Arti visive.

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