Tikkun olam ovvero “riparare il mondo” è il precetto ebraico cui il magistrato Simon Weynachter (Vincent Lindon) ha improntato la sua intera esistenza. Lo scopre però solamente nel corso dell’incarico più difficile della sua carriera e che affronta con l’ossessione di doversi redimere da più di una colpa, in quanto figlio di ebrei tedeschi convertitisi al cattolicesimo durante la seconda guerra mondiale per salvarsi dalla Shoah, vedovo di una moglie suicida, padre di una ragazza tossicodipendente che lo accusa della morte della madre. Il suo lavoro, l’immane compito di riportare la giustizia nel mondo dell’economia globalizzata neoliberale per conto dell’Agenzia delle Dogane francesi, lo porta infatti a indagare tra il suo paese e Israele sulla più colossale truffa allo Stato della storia di Francia, la frode multi-milionaria dell’IVA (TVA) sul mercato delle quote di CO2 risalente al 2008-2009.
Ispirati alle inchieste pubblicate dal giornalista Fabrice Arfi per il portale Mediapart, poi divenute nel 2018 un libro omonimo alla serie, e prodotti da Olivier Delbosc per Canal+, i dodici episodi di D’Argent et de Sang firmati da Xavier Giannoli raccontano per filo e per segno l’indagine che il magistrato interpretato da Lindon ha condotto per accertare gli illeciti versamenti dell’IVA e tentare di perseguirne i colpevoli; ma un cartello a inizio di ogni puntata proclama la vocazione “artistica” e non “documentaria” del progetto. Dopo aver esplorato con una coerenza autoriale fattasi via via più manifesta altrettante storie di personaggi che si confrontano con una società dell’apparire e dell’apparenza in film quali Quand j’étais chanteur (2006), Superstar (2012), Marguerite (2015) e L’apparizione (2018) fino all’affondo balzacchiano di Illusioni perdute (2021), Giannoli si avvale qui della collaborazione alla regia di Frédéric Planchon per costruire una narrazione adrenalinica e al contempo cesellare i suoi caratteri opponendo al personaggio di Weynachter un trio di antagonisti che, nella realtà, hanno fatto davvero di tutto per diventare piuttosto celebri in Francia, proprio come gli (anti)eroi di tante opere precedenti dell’autore.
Per apprezzare il lavoro mimetico compiuto da Ramzy Bedia (nel film il furfante analfabeta ma dandy Alain Fitoussi detto Fitous, nella realtà Mardoché Mouly detto Marco, da pronunciarsi con la finale accentata) sia nella parlata e nella gestualità sia nei costumi del suo personaggio è sufficiente trovare su Netflix in versione originale il documentario intitolato in italiano I re della truffa (2021), che il regista Guillaume Nicloux aveva dedicato a questa stessa vicenda. Assecondando la smania di mettersi in scena dell’uomo, appena uscito dal carcere, Nicloux lo intervista in teatri, circhi, limousine mostrandoci come dai tempi della mega-truffa egli consideri la sua vita al pari di uno show perenne cui neanche le condanne giudiziarie riescono a porre un termine.
Il complice che trovò i milioni dell’investimento alla base della truffa, nella realtà il famigerato Arnaud Mimran appassionato di gioco d’azzardo con amanti star sui social, nella serie di Giannoli si chiama Jérôme Attias ed è interpretato da Niels Schneider. L’attore è stato chiamato in corsa a sostituire Gaspard Ulliel. morto in un incidente sciistico a inizio 2022, che aveva lavorato in quel ruolo nelle prime settimane di riprese. Su questo personaggio chiave per la nefasta piega che prenderanno gli eventi nelle ultime puntate di D’Argent et de Sang, quando dagli affari di “argent” si passa tragicamente agli spargimenti di “sang”, era costruito il primo film dedicato da Olivier Marchal alla vicenda, intitolato in Italia La truffa del secolo (2017), con Benoît Magimel in quella parte e Gérard Depardieu nelle vesti del suocero miliardario che suo malgrado ebbe un triste ruolo in questa storia.
Dal canto suo Giannoli, che aveva in un primo tempo annunciato la serie con il titolo Tikkoun, riesce a ricostruire anni di maneggi finanziari e procedimenti giudiziari tutt’altro che semplici da far intendere al grande pubblico articolando l’intero narrazione sul resoconto dell’inquirente Weynachter che si fa voce off di tutti gli episodi. È dunque lui a guidarci nella presentazione dei personaggi e della loro ambigua morale sottolineando la singolarità dell’atipica compagine dei truffatori: da una parte, due tunisini sefarditi cresciuti nelle strade di Belleville e specializzatisi nel frodare l’IVA su merci intestate a società offshore create in paradisi fiscali dove il denaro sottratto veniva (e viene) facilmente fatto scomparire; dall’altra il golden boy della finanza, in realtà un ragazzo instabile foraggiato dal ricco suocero aschenazita, verso il quale lui e i due altri malviventi provano più invidia che vera rivalsa sociale. Il bersaglio dei tunisini è piuttosto il paese che li ha accolti ma anche emarginati, con la tecnocrazia francese capitanata dalla Ministra Lagarde a lungo inerme di fronte alla frode, e che prendono in giro esibendo durante i loro bagordi striscioni quali “IVA forever” o “Bercy beaucoup” (essendo Rue Bercy la sede del Ministero francese delle finanze), calpestando zerbini con su il nome di Weynachter.
L’inquirente-narratore ci presenta dunque la psicopatologia del gioco, dell’azzardo, che motiva le azioni così eccessive da poter risultare inverosimili (benché vere) dei suoi rivali, i quali si sono conosciuti sui tavoli dei casinò per poi, a ridosso della crisi della Lehman Brothers, darsi impunemente ai raggiri in borsa. Malgrado la complessità della sua trama, la serie riesce così ad avvincere, anche grazie a un’ambientazione che corre dietro ai personaggi da una parte all’altra del pianeta (da Panama alle Filippine) con due centri nevralgici: la Parigi dei bassifondi e dell’upper-class; e Israele dove i truffatori operano regolarmente perché protetti dalle rispettive comunità famigliari e d’interesse e dove possono riparare senza rischiare più alcuna estradizione facendo l’aliyah, il ritorno alla Terra Promessa. Tanto più che il vero Mamrin e il fittizio Attias non perdono occasione di vantarsi d’aver finanziato gli affari e le campagne elettorali di Netanyahu. Mentre una delle sue amanti era assidua delle feste “bunga bunga” del premier allora in carica oltralpe.
L’intera serie ha avuto la sua prima assoluta alla Mostra di Venezia 2023 per poi essere trasmessa in Francia in autunno e sbarcare infine su piattaforme e televisioni di mezzo mondo. Le indagini sul caso sono a oggi ancora in corso, e non è ancora perfettamente chiaro quanti miliardi di euro siano stati indebitamente sottratti in pochi mesi al fisco di tutti i paesi europei coinvolti. Da questa discesa nell’inferno dei paradisi fiscali e del libero mercato, emerge il volto più autentico del capitalismo contemporaneo dove “giocare significa barare” e l’unico gioco possibile è quello di “spennare invece che essere spennati”.
© CultFrame 11/2023
TRAMA
Il mercato delle quote di emissione di CO2, lanciato per rendere più responsabili le imprese nei confronti dell’inquinamento da esse causato, si rivela privo di sufficienti meccanismi di controllo quando decine di società fantasma lanciano investimenti azionari su cui lo stato francese (come altri) rimborsa l’IVA senza che questa venga poi mai pagata. Pochi delinquenti di Belleville, con i fondi di un trader loro complice, riescono così ad appropriarsi di centinaia di milioni di euro in pochi mesi.
CREDITI
Regia: Xavier Giannoli e Frédéric Planchon / Sceneggiatura: Xavier Giannoli, Jean-Baptiste Delafon a partire dal libro di Fabrice Arfi / Montaggio: Cyril Nakache, Mike Fromentin / Fotografia: Christophe Beaucarne / Scenografia: Riton Dupire-Clément / Costumi: Pierre-Jean Larroque, Annie Thiellement / Musiche originali: Rone / Interpreti: Vincent Lindon, Niels Schneider, Ramzy Bedia, Judith Chemla, David Ayala, Olga Kurylenko, Yvan Attal / Paese, anno: Francia, 2023 / Produzione: Curiosa films / Distribuzione internazionale: Studiocanal / Durata: 52’ per dodici episodi