Opere fotografiche 1953-2000. Mostra di Mario Giacomelli

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

mario_giacomelli-grande_lunaLampi di luce, macchie nere che emergono da un bianco abbagliante quasi metafisico, paesaggi “lunari”, le campagne italiane, i villaggi, i volti segnati dal tempo e dalle malattie, gli occhi, la realtà.
Ciò che colpisce maggiormente dell’arte di Mario Gicaomelli è l’incredibile complessità della sua ricerca estetica e la straordinaria articolazione della sua cifra stilistica che, pur rimanendo rigorosamente ancorata a dei principi creativi molto precisi, sa trovare delle varianti improvvise, delle aperture sorprendenti.
Nelle immagini del grande fotografo marchigiano c’è sempre qualche elemento compositivo o contenutistico che spiazza il fruitore, che invita al pensiero, che emoziona e stravolge. Certo, il realismo sembra essere il fattore fondamentale della sua poesia visiva, ma Giacomelli supera la semplice rappresentazione della realtà per proporre risvolti di un mondo “altro”, profondissimo, a tratti surreale.


La mostra che ha preso il via a Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni, presenta un percorso molto ampio e dettagliato (circa 250 foto) che permette al visitatore di posare il proprio sguardo su diverse fasi del lavoro di Mario Giacomelli.

Ci si accorge subito, passando da immagine a immagine, del fortissimo legame che questo fotografo aveva con l’arte contemporanea. I suoi paesaggi, tendenzialmente astratti, possono essere considerati tra i momenti più alti della sua espressione ma la bellezza di alcune nature morte tocca veramente il cuore di chi guarda; così come le fotografie scattate ad anziani ormai al tramonto della vita, anziani dai corpi e dai tratti somatici deformati, non colpiscono in maniera pietistica ma impongono una riflessione sull’esistenza e sulla morte, una riflessione lacerante e piena di umanità.


Giacomelli era un fotografo dilettante nel senso più nobile del termine. Attraverso i suoi scatti esprimeva liberamente, come spesso i professionisti non possono fare, la propria sfera interiore. Ricercava il significato della vita nella luce, nelle linee grafiche della natura, nel racconto visivo del dolore e della malattia, nella descrizione della povertà e della sofferenza. Faceva parlare i muri, le case e gli oggetti
Il suo, sotto certi punti di vista, era un approccio alla fotografia rivoluzionario ed eversivo, per niente intellettuale, accademico e tecnicistico. Per questo motivo le sue opere sono così forti e vere, così autentiche e strazianti.

Nei suoi lavori si può percepire una sorta di “scarto del senso”, uno straniamento che sconvolge. Si assapora l’assenza, si sente il peso del non rappresentabile. Giacomelli diceva: “Le cose più importanti sono quelle che non sono riuscito a fotografare”.

E in questa frase è racchiusa tutta la grandezza di questo inimitabile artista.

 

©CultFrame 02/2001

 

 

IMMAGINE

Mario Giacomelli. La Grande Luna, 1980. ©Eredi Mario Giacomelli. Courtesy Photology Milano

 

INFORMAZIONI

Dal 7 febbraio al 2 aprile 2001

Palazzo delle Esposizioni / Via Nazionale 194, Roma / Telefono: 064745903

Orario: tutti i giorni 10.00 – 21.00 / chiuso martedì

Catalogo: Photology-Logos a cura di Germano Celant

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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