Between Two Worlds. Un film di Ahasin Wetei. 66a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Concorso

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

vimukthi_jayasundara-between_two_worldsNegli ultimi due decenni il cinema orientale ha dato moltissimo al movimento filmico internazionale. Sono nati nuovi registi, sono emerse forme drammaturgiche non convenzionali, modi di  inquadrare di grande alternativi a quelli codificati dal cinema tradizionale. A volte però, e ciò riguarda soprattutto le opere provenienti dalla Cina, è possibile notare come alcuni autori cerchino di costruire un linguaggio basato solo ed esclusivamente su uno spiccato senso estetico. Tale meccanismo, se estremizzato, può divenire stucchevole, privo di senso.

Ebbene, il problema appena sollevato è solo uno dei tanti presentati da Ahasin Wetei (Between Two Worlds), ultimo lungometraggio realizzato dal cineasta cingalese Vimukthi Jayasundara.

 

Ma andiamo con ordine. La vicenda presenta molti passaggi poco comprensibili. Il nucleo del racconto sembra essere il conflitto tra civiltà tecnologica e spirito primordiale della terra. Il personaggio centrale, una specie di anarchico delle foreste dello Sri Lanka, si aggira senza meta prima in una città, poi nei boschi, poi nel villaggio (probabilmente quello natio). Il suo girovagare senza meta inizia a provocare una sorta di corto circuito della realtà. Le cose che gli capitano sono reali, o frutto di un sogno? O ancora dell’immaginazione?

Tutto ciò è collocato in un contesto ambientale che produce quasi autonomamente “belle inquadrature”: natura selvaggia, paesaggi nebbiosi, laghi da fiaba, campagne che sembrano venir fuori da storie fantasy. Insomma, tutto ciò che si vede è talmente fantastico da risultare insopportabile.  

Alla fine della proiezione di Ahasin Wetei si ha la sensazione di aver avuto a che fare con un’opera totalmente destrutturata ma paradossalmente priva di un’autentica  libertà espressiva. Ogni brano del film sembra ruotare intorno a una concezione poetica fin troppo costruita a tavolino e ciò finisce per rendere l’opera pesante e sottilmente irritante.

Se poi il senso di fondo è quello di criticare la società dei media (come si evince dalla scena nella quale vengono distrutti televisori e monitor) e di magnificare la sostanza mitica e arcaica della vita agreste e la profondità delle leggende popolari cingalesi, allora non possiamo che dire come questo lungometraggio  rappresenti quanto di più banale si possa immaginare come materia cinematografica.

 

©CultFrame 09/2009

 

 

TRAMA

Un ragazzo cingalese si tuffa in mare completamente vestito, poi si ritrova dentro una manifestazione in città. Picchia una persona, distrugge dei televisori  e viene caricato da un individuo che guida un pulmino. In fuga con loro c’è una giovane donna che dice di essere stata stuprata. Dopo varie vicissitudini il ragazzo cingalese si fa lasciare nelle vicinanze del suo villaggio dove gli capitano diverse disavventure finché finirà dentro il tronco cavo di un albero.

 

CREDITI

Titolo: Between Two Worlds / Titolo originale: Ahasin Wetei / Regia: Vimukthi Jayasundara / Fotografia: Channa Deshaptiye / Montaggio: Gisele  Rapp-Meichler /Scenografia: Lal Harendranath / Musica: Lackshman Joseph De Saram / Interpreti: Thushita Laknath, Huang Le / Produzione: Les Films Hatai. Unlimited, Arte France, Film Council Production Sri Lanka / Sri Lanka, Francia 2009 /Durata: 85 min.

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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