L’amicizia è, forse, come diceva William Blake “opposizione” o, come affermava Søren Kierkegaard, “tormento”? Per Roz e Lil, probabilmente, entrambi. Unite fin dall’infanzia da un legame di ferrea sorellanza, le due donne vivono la loro vita praticamente in simbiosi. Un lavoro e una famiglia, sì, ma case vicine, medesimi passatempi, stessa passione per il mare, le lunghe nuotate e le passeggiate sulla spiaggia. In quello scampolo di Australia, in una sorta di universo privato, di spettacolare bellezza naturale, le due amiche attraversano gli anni e gli eventi dell’esistenza insieme: l’arrivo dell’amore, la nascita dei figli, l’irrompere delle morte (Lil resta precocemente vedova), la crescita dei due ragazzi che si fanno uomini… Tutto, indissolubilmente, insieme.
Tratto da uno dei tre racconti raccolti ne Le nonne di Doris Lessing, il film di Anne Fontaine (già regista del godibile Il mio migliore incubo! ma anche dello scialbo Coco avant Chanel), nell’attingere dal testo della scrittrice inglese, premio Nobel per la letteratura nel 2007, ha lavorato in addizione, ovvero aggiungendo del suo al corpo narrativo del romanzo, la cui struttura – breve e poco descrittiva – è stata quindi ampliata, nonché modificata nel suo ordine cronologico. Il risultato è quindi una dilatazione che non soltanto altera l’atmosfera degli eventi, oltre alla profondità della scrittura, ma ne intacca la portata drammatica.
Le protagoniste giocano, emotivamente parlando, una partita speculare che si moltiplica. Tom e Ian (rispettivamente figli di Roz e Lil), crescono insieme e, come le loro madri, condividono una vita all’interno di un quartetto emozionale dal quale tutti gli altri, familiari e amici, sono inevitabilmente esclusi. Lo stesso marito di Roz non riesce a ritagliarsi – né con l’amore, né con il sesso – un posto privilegiato nel cuore della moglie, né con il ragazzo è in grado di instaurare un rapporto di naturale complicità maschile. Come in un doppio (ri)generarsi di rapporti a due, Lil e Roz, mantengono quello che è per loro l’equilibrio perfetto in un granitico quadrato amoroso, invalicabile per chiunque. Anne Fontaine, quindi, si muove sulla reiterazione e come disegnando un’infinita circolarità scandisce l’azione dei personaggi, tracciandone la loro parabola sentimentale ed erotica.
Sospende tempo e luogo, colloca le due madri e i due figli in un microcosmo di acqua e di sabbia, cogliendoli spesso nel loro immergersi e nel loro risalire a galla, ancorati – tutti insieme – ad una chiatta ondeggiante in mare aperto, come in balìa di tutto oppure di niente. Peccato che questa atmosfera che la regista vorrebbe appositamente rarefatta finisca per diventare, invece, artificiosa e patinata. In questa laguna blu di passione e sgomento si consuma la “scandalosa” relazione tra Roz e il figlio di Lil e che, come un effetto-domino, porterà a quella di Lil con il figlio di Roz, in un susseguirsi di circostanze il cui repentino accadere non è soltanto inverosimile quanto, in alcuni punti, drammaticamente risibile.
La confusione o il disorientamento emotivo che sarebbero spontaneamente scaturiti dall’intrecciarsi ambiguo e destabilizzante di questi legami si convertono qui in patetici languori che scivolano, mestamente, nel ridicolo in particolar modo nei dialoghi che, ben lungi dall’esprimere il dramma, ansimano nel puro imbarazzo.
Two mothers smarrisce così tutta la potenza provocatoria e la sensualità (per)turbante del testo di partenza, banalizza quella forza, iniziatica e primigenia, simboleggiata dal ventre/sesso femminile/materno che genera ma anche seduce e fagocita il maschile, per risolversi in un romanzetto dai facili palpiti che non sa andare oltre l’ovvietà della mera bellezza: dei luoghi, dei corpi, dei volti…
Anne Fontaine cristallizza, anche nel passare del tempo, i quattro personaggi in un’eterna giovinezza, rendendoli così incredibilmente immutabili e incorrotti dall’avanzare degli anni in cui Roz e Lil diventano madri, mogli, amanti e nonne. Su questa ultimo “ruolo” emotivo la versione italiana del film si adagerà sul finale, nonostante l’epilogo originale sia, invece, assolutamente diverso. Un taglio che non soltanto altera ulteriormente un già precario equilibrio narrativo ma che conclude l’intera vicenda con un urticante intento consolatorio e rassicurante.
Nel tentativo di essere così profondi, direbbe Sciascia, “non si vede più niente” e “ a forza di andare in profondità, si è sprofondati…”
© CultFrame 10/2013
TRAMA
Lil e Roz sono amiche fin dall’infanzia. Il loro è un legame forte e indissolubile che sembra non potersi alterare mai durante il trascorrere del tempo. Entrambe madri di due figli maschi finiscono per creare un microcosmo emotivo ed esclusivo tra loro quattro fino a quando il figlio di Lil e Roz non diventano amanti. Il figlio di Roz li scopre e inizia una relazione con Lil. Da quel momento in poi le loro vite sembrano destinate a cambiare o, forse, proprio per questo a non cambiare mai.
CREDITI
Titolo: Two Mothers / Titolo originale: Adore / Regia: Anne Fontaine / Sceneggiatura: Christopher Hampton, Anne Fontaine / Soggetto: Doris Lessing / Fotografia: Christophe Beaucarne / Montaggio: Luc Barnier, Ceinwen Berry / Scenografia: Annie Beaucamp / Costumi: Joanna Mae Park / Interpreti: Naomi Watts, Robin Wright, Xavier Samuel, James Frecheville, Ben Mendelsohn / Produzione: Philippe Carcassonne, Andrew Mason / Paese: Francia, Australia 2013 / Distribuzione: Bim / Durata: 100 minuti
LINK
CULTFRAME. Mon pire cauchemare. Un film di Anne Fontaine di Eleonora Saracino
Sito ufficiale del film Adore (Two Mothers) di Anne Fontaine
Filmografia di Anne Fontaine
BIM