“Uno degli strumenti principali dell’oppressione è attribuire un’identità agli oppressi”: così è riassumibile il complesso meccanismo di soggettivazione/assoggettamento che, attraverso quelle che la filosofa Judith Butler chiama “cornici di intelligibilità”, determina con più o meno violenza i confini entro i quali i soggetti stigmatizzati vengono identificati e relegati. È insomma attraverso la violenza di insulti come frocio o sporco negro che si costruiscono e condannano i soggetti minoritari. Proprio con la frase citata entra in scena in Marvin il personaggio di Abel, drammaturgo affermato ma di origini proletarie che il giovane protagonista del film sceglierà come proprio mentore una volta giunto a Parigi dalla provincia, per proseguire gli studi teatrali.
La parola di Abel è di quelle che rivelano una realtà e leniscono un dolore che non ha mai trovato riconoscimento e quindi occasione di rielaborazione. Marvin, infatti, è cresciuto in una famiglia povera e violenta nelle campagne dei Vosgi dove i suoi modi gentili erano segno di effeminatezza da punire a suon di botte e di ingiurie. Se poi consideriamo che Marvin di cognome fa Bijoux (gioiello, gioiellino) capiamo come mai nel cortile e nei corridoi della scuola i bulli non gli dessero tregua. La sua infanzia e adolescenza difficile ci vengono raccontati in lunghi flashback mentre, ormai ventenne, il ragazzo prepara una pièce teatrale autobiografica. Il teatro, infatti, è la passione che, grazie all’intercessione di un’insegnante attenta permette a Marvin di allontanarsi dall’ambiente d’origine per accedere a un mondo dove la diversità è un punto di forza da cui partire e su cui insistere per intraprendere il proprio percorso di (ri)costruzione di sé.
Benché non sia esplicitamente menzionato nei titoli di testa e coda, il film prende spunto dal romanzo Il caso Eddy Bellegueule di Édouard Louis in cui il giovanissimo autore ha narrato gli anni difficili di quando portava il nome di Eddy Bellegueule e a scuola veniva oltraggiato con ingiurie sessiste di ogni risma. “Pédale, pédé, tantouse, enculé, tarlouze, pédale douce, baltringue, tapette (tapette à mouches), fiotte, tafiole, tanche, folasse, grosse tante, tata ou l’homosexuel, le gay”, scrive Louis nel romanzo, raccontando però anche come queste stesse etichette si siano trasformate in risorse per costruirsi una soggettività politica.
Il libro è stato un grosso caso letterario in Francia (decisamente meno in Italia dove lo ha pubblicato Bompiani) e il modo in cui Marvin porta il testo sullo schermo è molto interessante perché fa della vocazione teatrale il grimaldello del cambiamento, cosa che accade anche nel libro, anche se poi ciò che veramente ha impresso una svolta nella vita di Bellegueule/Louis è stata la scrittura e quindi la pubblicazione della storia che ha ispirato il film. Marvin trasforma il libro in pièce teatrale e tiene conto delle reazioni anche violente che si sono scatenate nella cittadina d’origine dell’autore rimettendo in scena alcune note immagini di reportage televisivi girati subito dopo la pubblicazione del libro nonché di alcuni aspetti della vita reale dell’autore non narrati nel romanzo. Nel personaggio di Abel, per esempio, sono rintracciabili elementi che lo avvicinano al sociologo Didier Éribon a cui il romanzo è dedicato e con il quale Louis ha più volte dialogato e collaborato dopo la pubblicazione del suo esordio.
Per di più, non era facile tradurre al cinema l’elemento letterario caratterizzante del testo di Louis che oltre a raccontare il mondo proletario in cui è cresciuto ne documenta il linguaggio con intere pagine in cui restituisce testualmente quelle parole e discorsi che gli si sono impressi nella carne costruendolo suo malgrado. Anne Fontaine sceglie soluzioni intelligenti per non smarrire questo elemento così importante senza limitarsi ai soli dialoghi ma mostrando come la sensibilità del bambino che percepisce la forza delle parole più caratteristiche, più assurde e più atroci gli permette di accedere a quel gioco di mimesi e travestimento che è proprio del teatro (e della scrittura). Inoltre, ci sono scene in cui vediamo Marvin intento a riscrivere sulla pagina le parole dei suoi con alle spalle, proiettate su un telo, le immagini della sua infanzia.
Tale lavoro di scrittura si deve alla stessa Anne Fontaine con il co-sceneggiatore Pierre Trividic. Trividic è colui che, insieme a Patrick Mario Bernard, aveva diretto l’inquietante L’Autre (2009), film tratto dal romanzo L’Occupation di Annie Ernaux. Si tratta di una coincidenza non proprio casuale se pensiamo che i romanzi in cui Ernaux fa i conti con la propria storia di ascesa e tradimento sociale mediante gli studi, costituiscono uno dei riferimenti letterari fondamentali di Édouard Louis (e di Didier Éribon).
Il film funziona, anche se non manca di ingenuità, per esempio nella scelta di una colonna sonora che associa il bel mondo dei gay ricchi alle arie d’opera della Callas (vissi d’arte…) oppure imprimendo al personaggio del padre una svolta caratteriale rapida che appare forzata. Da segnalare la presenza di Isabelle Huppert nella parte di se stessa che accetta di incarnare l’inquietante voce materna nello spettacolo di Marvin: una consacrazione da sogno per l’ex ragazzino bullizzato.
© CultFrame 09/2017
TRAMA
Marvin Bijoux è preso in giro, oltre che per il suo cognome, per i modi gentili del tutto diversi dall’aggressività e dalla volgarità dei suoi compagni di scuola maschi; e della quasi totalità degli abitanti del suo paese, compresa la sua stessa famiglia. Solo il teatro sembra essere una valvola di sfogo… prima dell’inevitabile fuga dalla provincia in cui è nato.
CREDITI
Titolo originale: Marvin / Regia: Anne Fontaine / Sceneggiatura: Pierre Trividic, Anne Fontaine tratto dal romanzo autobiogafico Il caso Eddy Bellegueule di Édouard Louis / Fotografia: Yves Angelo / Montaggio: Brigitte Taillandier / Interpreti: Finnegan Oldfield, Vincent Macaigne, Isabelle Huppert, Charles Berling, Catherine Mouchet, Rebecca James / Produzione: Ciné@, P.A.S. Productions, F Comme Film, Mars Films France 2 Cinéma / Francia, 2017 / Durata: 115 minuti
SUL WEB
Filmografia di Anne fontaine
Mostra Internazionale del Cinema di Venezia – Il sito