I figli di Nadar. Il “secolo” dell’immagine analogica. Un libro di Pierre Sorlin

SCRITTO DA
Orith Youdovich

pierre_sorlin-figli_di_nadarPrima della scoperta dell’immagine analogica (ovvero fotografica), esisteva solo quella sintetica, realizzata dalla mano dell’uomo.

L’immagine fissata su una superficie è un’invenzione che ci ha permesso di estendere lo sguardo fino a civiltà lontane e di penetrare in profondità nella vita quotidiana, politica e scientifica fino al punto di modificare la nostra interpretazione del mondo.

Ma non solo. I mezzi per realizzare un’immagine si sono semplificati e i loro costi ridotti, fattori, questi, che hanno dato la possibilità a chiunque di avvicinarsi a tale pratica senza grandi difficoltà e alcun tirocinio, azzerando così la distanza che vi è tra professionisti e dilettanti. Dunque, l’aristocrazia, fino a quel momento più vicina all’arte sintetica, come la pittura, ha perso il suo “potere” e la fotografia si è manifestata come una pratica democratica.

Ma è veramente così? Questo dubbio è sollevato da Pierre Sorlin, professore presso l’Istituto di Ricerche cinematografiche e audiovisive dell’Università di parigi-III, nel libro edito da Einaudi I figli di Nadar – Il “secolo” dell’immagine analogica. Chi produce fotografie, sostiene Sorlin nel suo saggio, fa comunque parte di gerarchie ed è soggetto a condizionamenti sociali.


L’immagine analogica, continua Sorlin, ha modificato il nostro “regime percettivo” ma allo stesso tempo ne ha escluso altri e non può in nessun modo essere considerata come uno strumento oggettivo in grado di rappresentare il mondo reale. La fotografia che rivela e occulta è estremamente ambigua; va letta ed interpretata.

Partendo dall’affermazione che ogni “regime percettivo” è in rapporto diretto con l’appartenenza sociale dell’individuo, Sorlin esplora in “Figli di Nadar” la complessità del mondo dell’immagine dal punto vista storico ed estetico e analizza l’arte del ritratto, la rappresentazione delle guerre, i rapporti tra immagine e sessualità, la religione, la medicina, la politica e lo sport.


©CultFrame 10/2001

 

 

CREDITI

Titolo: I figli di Nadar – Il “secolo” dell’immagine analogica / Autore: Pierre Sorlin / Editore: Einaudi, 2001 / 260 pagine / 18,59 euro

 

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Casa editrice Einaudi

 

INDICE DEL LIBRO

 

Introduzione. Una nuova percezione del mondo / I figli di Nadar

I. Un altro sguardo, un altro discorso
1. “Spettri percepibili”: una stampa per una nuova immagine / 2. Immagini per chi? / 3. L’arte del ritratto, o l’individuo allo specchio / 4. L’uomo della folla, o la modernità del cinema / 5. L’immagine abituale, o il mondo come self-service / 6. Utopie e anticipazioni / 7. L’immagine e l’io / 8. Sfida all’arte?

II. Gente d’immagine
1. Professioni senza identità / 2. Il dilettantismo di qualità / 3. Il dilettantismo artigianale / 4. Il dilettantismo intermittente / 5. Strategie domestiche / 6. Pseudo-eventi / 7. Lo specchio del dilettante / 8. La fabbrica delle immagini / 9. Esperienze d’atelier / 10. Tecnici in affitto / 11. Professione: reporter / 12. Le vie del successo / 13. Holgrave, o l’inutile vocazione

III. La messa in immagine del mondo
1. Il segreto delle piramidi / 2. Il teatro del potere / 3. Eventi a migliaia / 4. La guerra in diretta? / 5. Corpi ammirevoli: l’immagine dello sport / 6. Corpi comprati: immagine e sessualità / 7. Corpi vestiti: la pubblicità / 8. Corpi aperti: l’immagine medica / 9. La fine degli angeli: immagine e religione / 10. Città introvabili / 11. E la campagna? / 12. La scoperta della fabbrica / 13. Quei mondi estranei: l’immagine etnografica

IV. Questioni aperte
1. La scelta della sincronia / 2. Il contesto sociale / 3. La settima arte … e le altre: la questione dell’estetica / 4. Figure e figuralità / 5. Deviazioni: fuori dall’Occidente

Conclusione. Il mondo a portata di sguardo

Bibliografia / Indice dei nomi

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Orith Youdovich

Orith Youdovich, fotografa, ha abbandonato il reportage sociale per dedicarsi alla fotografia concettuale e da allora dirige il proprio sguardo sul mondo in un continuo processo di analisi del rapporto tra sguardo soggettivo e paesaggio. Svolge attività di ricerca artistica sulla connessione tra fotografia e cinema. Ha esposto in mostre personali e collettive e ha curato esposizioni per Festival di fotografia italiani. E' co-autrice del volume "Il vento e il melograno - Fotografia Israeliana Contemporanea", del saggio "Cosa devo guardare – Riflessioni critiche e fotografiche sui paesaggi di Michelangelo Antonioni" (Postcart, 2012). Curatrice e giornalista, ha curato mostre di fotografia e dal 2009 al 2018 è stata Direttore responsabile della testata giornalistica Punto di Svista – Arti Visive in Italia.

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