Una casa isolata in alta montagna, una madre dall’animo fragile, un bimbo che non smette mai di piangere e poi un incidente: una ferita alla testa e un’altra, più profonda, del senso di colpa. Tutto ciò ricorda (troppo) qualcosa ed è anche il primo segno di quella slealtà intellettuale che permea tutto il film. Quando la notte, tratto dall’omonimo romanzo della stessa regista, è un’opera che si addentra in un territorio, quello della maternità e del suo complesso meccanismo, non soltanto estremamente insidioso ma meritevole di un approfondimento e di una sensibilità che, in questo caso, latitano desolatamente.
Fin dalle prime inquadrature la Comencini mette in moto il meccanismo della tensione: musica in crescendo, il bus che percorre la strada tortuosa verso le vette innevate e due occhi smarriti nello struggimento del ricordo e, mentre il passato si fa presente (la storia è raccontata attraverso un lungo flashback), un senso di turbamento sembra pervadere la protagonista, per farsi funesto presagio. Anche in questo l’artificio è palese, uno stato di ansia che non ha nulla di autentico ma che, insieme agli altri elementi del film – la paura dell’abbandono, lo sgomento della solitudine, la difficoltà di amare ed essere amati – , concorre alla costruzione di un’architettura di illusoria sensibilità.
Un percorso narrativo, quello di questo film che, al pari degli impervi sentieri lungo i quali camminano i protagonisti, si avvicina pericolosamente al baratro e vi finisce dentro. Una caduta in verticale non soltanto di senso stilistico/narrativo ma, soprattuto, etico. Parlare della maternità e di come essa, in quanto concreto evento epifanico della creatura femminile, comporti un profondo mutamento nella esistenza, fisica e mentale, di una donna non è impresa da poco e, per farlo (bene), sarebbe necessario maneggiare tale materia non solo attraverso la conoscenza approfondita di essa ma, prioritariamente, con straordinaria cautela.
La regista, invece, ricorre ai cliché più triti per raccontare una storia di dolore e di distacco e – non paga – amplifica, in una sceneggiatura a dir poco claudicante, la banalità in dialoghi risibili e situazioni al limite del ridicolo. Si concede virtuosismi registici con ampie inquadrature aeree, usa la fotografia per illuminare l’ovvio (la noia claustrofobica di Marina in un giorno di pioggia o i corpi adagiati dopo l’amplesso dei due amanti) e le emozioni che estrae dagli attori (con la Pandolfi e Timi totalmente estranei ai loro ruoli) non sono altro che espressioni di imbarazzante fissità e sguardi sgomenti e lacrimosi.
La superficialità – specialmente quando si affrontano temi che da essa non possono, e non devono, essere nemmeno sfiorati – può essere non soltanto irritante ma addirittura inquietante. E, per questo, ci sentiamo di scomodare anche Wittgenstein quando affermava che “su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”.
© CultFrame 09/2011 – 10/2011
TRAMA
Marina è una madre inquieta che porta il suo piccolo Marco in vacanza in montagna, Manfred è una guida dal carattere chiuso e solitario che affitta la casa ai turisti. Entrambi hanno un peso che si portano dentro e quando il bambino, una notte, avrà un incidente, Manfred lo porterà in salvo. Da quel momento in poi tra lui e Marina si creerà uno strano legame che farà emergere i loro tormenti interiori. Dopo anni la donna tornerà negli stessi luoghi di quell’incontro alla ricerca di quella radice che, in qualche modo, l’ha accomunata a quest’uomo.
CREDITI
Titolo: Quando la notte / Regia: Cristina Comencini / Sceneggiatura: Cristina Comencini, Doriana Leondeff, dal romanzo Quando la notte di Cristina Comencini / Fotografia: Italy Petriccione / Montaggio: Francesca Calvelli / Scenografia: Giancarlo Basili / Musica: Andrea Farri / Interpreti: Claudia Pandolfi, Filippo Timi, Thomas Trabacchi, Michela Cescon, Denis Fasolo / Produzione: Cattleya / Distribuzione: 01 / Paese: Italia, 2011 / Durata: 116 minuti
LINKFilmografia di Cristina Comencini
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
01 Distribution