The Dream of Warsaw. Dieci artisti polacchi in mostra a Roma

SCRITTO DA
Annarita Curcio

© Joanna Rajkowska. Ossigenatore. La storia in immagini, 2014 (particolare). Stampa fotografica, wallpaper 641 x 250 cm. Courtesy l’artista e Galleria Zak-Branicka, Berlino

La Fondazione Pastificio Cerere ospita fino al 31 luglio 2014 la prima di un ciclo di tre mostre dedicate allo scenario artistico contemporaneo polacco. L’iniziativa, dal titolo In Polonia, cioè dove?, è stata ideata dall’Istituto Polacco di Roma e da Marcello Smarelli, direttore artistico della Fondazione Pastificio Cerere. La mostra dal titolo The Dream of Warsaw, a cura di Gabi Scardi, presenta le opere di dieci artisti polacchi i cui lavori permettono di esplorare la realtà tutt’ora in divenire della capitale, Varsavia, e di indagare e comprendere, metonimicamente, la storia politica e culturale della Polonia degli ultimi decenni.

A partire dai tardi anni ’70 la vita culturale della nazione polacca è stata caratterizzata da un notevole fermento che non ha mai cessato di produrre opere letterarie e artistiche di indiscusso valore (tra i massimi protagonisti dell’intellighenzia polacca è d’obbligo ricordare Kantor, Grotowski e Szymborska, premio Nobel, quest’ultima, per la letteratura nel 1996) – e la mostra The Dream of Warsaw ne è una chiara testimonianza.

Spesso definito il paese “più allegro del blocco sovietico”, in Polonia effettivamente ci sono sempre state maggiori possibilità di espressione rispetto all’Urss o alla DDR. In piccoli cinema d’essai venivano proiettati i film di Antonioni, Fellini e Tarkowski. Difatti il movimento culturale clandestino e di opposizione degli anni ’70 e ’80 ha dato un contributo fondamentale alla conquista di quella libertà di espressione che ha preparato le condizioni favorevoli alla nascita del movimento “Solidarnosc” nell’agosto del 1980. La rete delle tipografie clandestine che si sparse nelle città principali divenne il centro di raccolta di attivisti, intellettuali e scrittori determinati a contrastare la censura delle autorità comuniste diffondendo i gazzettini, detti “bibuly” (carta velina) e pubblicando opere letterarie che infrangevano i dettami dell’arte socialista. Inoltre, anche la musica rock rappresentò per la controcultura giovanile il medium principale per parlare delle proprie frustrazioni e aspirazioni. All’inizio degli anni ’70 nacque infatti il festival di Jarocin che divenne in breve tempo la più importante tribuna di musica rock nei paesi del blocco sovietico.

© Artur Żmijewski. A Dream of Warsaw, 2005. Video still. Courtesy Foksal Gallery Foundation, Varsavia

Nel 1989 con il crollo del Muro di Berlino e la vittoria di “Solidarnosc” hanno luogo le prime elezioni libere, così la Polonia si affaccia verso inedite prospettive di cambiamento. Nella città di Varsavia i segni di queste numerose e complesse trasformazioni di inscrivono indelebili. I dieci artisti aiutano a riflettere con le loro opere su tutto questo. Allora, vediamo passare davanti ai nostri occhi i traumi e le ferite della Seconda Guerra Mondiale, la ricostruzione del periodo comunista, le integrazioni moderniste. Ma andiamo con ordine.

Nella prima sala ci accoglie Oxygenator. La storia in immagini (2014) di Joanna Rajkowska, una raccolta fotografica che documenta un importante intervento urbanistico di cui è stata fautrice la stessa artista. Ella ha realizzato un piccolo lago artificiale in una zona negletta della città. In breve tempo, come mostrano le foto, esso è diventato un punto di riferimento della comunità locale che in questo modo si è riappropriata del diritto ad abitare attivamente lo spazio pubblico inteso come luogo del vivere collettivo. Con quest’opera l’artista vuole far riflettere su come sia necessario integrare il preesistente con nuove forme, architettoniche o naturalistiche, che migliorino sensibilmente la qualità della vita degli abitanti di Varsavia.

Degno di nota è poi il documentario A Dream of Warsaw (2005) del filmmaker Artur Zmijewski sulla figura dell’architetto e teorico Oskar Hansen il quale si pronuncia anche sul famigerato Palazzo della Cultura e della Scienza voluto da Stalin nel 1955 e realizzato nel cuore della città. Il palazzo, più volte sul punto di essere demolito, in quanto considerato dagli abitanti della capitale come l’emblema di un controverso passato, è attualmente circondato da uno spazio urbano ove si stanno realizzando interessanti fenomeni di sperimentazione spontanea che si sottraggono alla pianificazione dall’alto e che dimostrano, non ultimo, come la rimozione e la demolizione di ciò  che evoca un contenuto traumatico non sia sempre la soluzione migliore, piuttosto l’integrazione tra passato e futuro, conservazione e innovazione è non solo possibile ma addirittura auspicabile.

© Janicka & Wilczyk. Ghetto piccolo. Vista dalla Zlota 62 in direzione est, 19 marzo 2011.Dalla serie Altra Città, 2011-2013. Stampa a colori Hahnemuhle 110 x 132,5 cm. Courtesy Galleria Nazionale d’Arte Zacheta

Interessante è anche il lavoro degli artisti Janicka & Wilczyk, Altra città (2011-2013), una serie fotografica che documenta un’area di Varsavia un tempo occupata dal ghetto ebraico, oggi protagonista di un selvaggio sviluppo immobiliare che ha fatto tabula rasa delle tracce del passato riflettendo, ancora una volta, un’attitudine a cancellare dalla memoria ciò che è scomodo da integrare  nel presente.  In mostra è anche un nucleo di opere del 2007 di Miroslaw Balka, “frammenti” che evocano il concetto di ferita e il cui contenuto drammatico invita a riflettere su come spesso la città abbia degli effetti traumatici sull’individuo. Con Wartopia (2006) l’artista Aleksandra Polisiewicz ci riporta al passato, in quanto l’opera è un rendering virtuale della pianta di Varsavia così come avrebbe dovuto essere realizzata dal Nazionalsocialismo nei primi anni del secondo conflitto mondiale. Benché l’artista abbia utilizzato anche stampe colorate e animazioni l’effetto è comunque davvero inquietante. Anche Katarzyna Przezwanska si concentra sull’architettura della città con particolare attenzione al modernismo. Per la mostra l’artista ha realizzato un’opera site-specific che ripropone una riqualificazione della Sala dei Deputati ove si legifera e si decidono le sorti politiche del paese, da qui la necessità di concepire un ambiente il più possibile confortevole in cui anche la qualità dei dettagli diventa indispensabile.

Per ovvi motivi di spazio non abbiamo potuto approfondire il contenuto di ciascun opera, benché fossero tutte degne di nota. Tuttavia, concludendo, una cosa abbiamo potuta rilevarla: esse contengono due aspetti precipui: quello di far riflettere sulle stratificazioni, spesso contraddittorie, che si sommano nel tessuto urbano di una città e che riflettono la sua storia e il suo sviluppo, infine   la voglia di concepire forme nuove e alternative di vivere lo spazio urbano.

© CultFrame 06/2014

 

INFORMAZIONI
The Dream of Warsaw / A cura di Gabi Scardi
Nell’ambito di In Polonia, cioè dove? – Ciclo di mostre sulla scena artistica contemporanea polacca
Dal 28 maggio al 31 luglio 2014
Fondazione Pastificio Cerere / via degli Ausoni 7, Roma / Telefono: 06.45422960 / info@pastificiocerere.it
Orario: lunedì – venerdì 15.00 – 19.00

LINK
Fondazione Pastificio Cerere
Istituto Polacco di Roma

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Annarita Curcio

Annarita Curcio è laureata al DAMS (Università di Roma Tre) e ha un Master of Arts in Critica Fotografica (University of Durham, Inghilterra). Lavora nel campo dell'editoria fotografica, ha curato mostre, tenuto corsi per varie scuole di fotografia e ha pubblicato saggi e interviste per Around Photography, CultFrame Arti Visive, Fotografare, Gente di Fotografia, Quaderni Asiatici, Slow Food. Si interessa da tempo alle culture asiatiche, specialmente al Giappone, approfondendone aspetti legati alla cinematografia e alla cultura visiva. E' autrice dei saggi: "Le icone di Hiroshima. Fotografie, storia e memoria" (Postcart 2011) e "Il dragone d'acciaio. Interviste a dieci artisti cinesi contemporanei" (Postcart, 2015).

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