Adrien Brody è un attore che sa il fatto suo. Dopo il premio Oscar per Il Pianista di Roman Polanski, il ruolo del timido sceneggiatore nel jacksiano King Kong, il passo falso del Giallo di Dario Argento, riprova la chiave dell’avventura con un film che vorrebbe rinverdire i fasti del vecchio successo di Arnold Schwarzenegger, ossia Predators.
Infatti, dopo un sequel valido ma non troppo e due crossover anemici, Predators si propone come la pellicola che riprende il ritmo dell’originale, ricordiamo firmato da un bravo regista di action movies come John McTiernan. E soprattutto grazie al carismatico Brody quest’ultimo film va ben oltre la pura e semplice exploitation.
Ma ciò che sembra sia il suo maggior pregio, cioè la partecipazione di Brody, è anche il maggior interrogativo che viene a crearsi intorno alla pellicola di Nimrod Atal. Ma cosa fa il riflessivo Brody, dopo The Village di M. Night Shyamalan , L’estate di Sam di Spike Lee e Il treno per Darjeeling di Wes Anderson, nel film di un mestierante?
La presenza di un geniaccio produttivo/registico come Robert Rodriguez dietro l’operazione spiega comunque molte cose.
Abbiamo incontrato Adrien Brody a Roma.
Mr Brody come si è preparato per un personaggio cosi diverso da tutti gli altri che ha interpretato?
Diverso? Ma perché? In fondo per gli attori tutti i ruoli sono delle sfide. Per Predators mi sono concentrato sul tentativo di creare un personaggio realistico e per questo ho studiato i manuali di campo utilizzati per i poligoni dell’esercito, dei libri che mi facessero comprendere gli aspetti tecnici e le condizioni di esterni. Mi sono isolato molto, ho letto Sun Tzu e dei testi di filosofia orientale per adottare una mentalità da guerriero e da lupo solitario. È tutto quello che potevo fare, un grande addestramento fisico che ti consenta di creare un link con il personaggio.
Ma il suo personaggio deriva direttamente da quello interpretato da Arnold Schwarzenegger…
Non sono certo l’attore che il pubblico o la Fox poteva immaginare in prima battuta come successore di Arnold Schwarzenegger. Ho messo su quindici chili di muscoli per interpretare questo ruolo. Sono un fan della fantascienza, e volevo dar vita a un personaggio meno superficiale di quelli che si vedono nei film d’azione hollywoodiani. In fondo, gli elementi c’erano tutti: un eroe con i suoi difetti, un personaggio dark che trasmette il senso di solitudine e di vuoto visto che si tratta di un unico sopravvissuto. Non volevo rendere attraente un assassino, un uomo che ha rinunciato a buona parte della sua umanità: credo che sia importante per un film di questa natura, nei quali solitamente gli eroi sono cavalieri senza macchia e salvano le situazioni e basta.
Come si tè rovato in un film con tanti effetti speciali?
Ma guardate che gli effetti ci sono ma non sono poi gli unici elementi interessanti nella nostra pellicola. L’estetica contemporanea, quella da videoclip, infatti, serve a rendere interessante da vedere quello che interessante non è. Ho ammirato molto il lavoro di Rodriguez e Antal, i quali sono decisi a tornare indietro a uno stile cinematografico che abbia la capacità di interagire con lo spettatore a livelli più profondi.
Come è stato lavorare con Robert Rodriguez?
Sono stato molto fortunato a lavorare con persone come Peter Jackson e Robert Rodriguez, due uomini di grande esperienza sia per quel che riguarda l’intrattenimento che per quel che concerne le tecniche di realizzazione.
Un terzo del film è stato girato interamente nella giungla delle Hawaii, e lavorare in un contesto così realistico è stato un vero miracolo, eravamo immersi in un’ambientazione incredibile, completamente isolati dal mondo.
Io mi allontanavo solo per mangiare e fare allenamento. Robert ha una visione particolare del mondo di Predators, è stato una grande fonte d’ispirazione per tutti noi.
Ma alla fine è stato fondamentale l’apporto del Rodriguez touch?
C’è stato un coinvolgimento considerevole da parte sua nello svolgimento creativo del film: conosceva nel dettaglio tutto il processo di costruzione della storia e tanti elementi che sono nel film sono opera sua, ma ha anche dato al regista la sua libertà. C’è da dire che Robert non si è limitato a seguire creativamente il film ma è stato coinvolto anche nell’aspetto marketing, ha dato un input considerevole anche su questo aspetto.
Lei ha lavorato sia in America che in Europa che tipo di differenze trova nel modo di affrontare il cinema?
È una domanda difficile. È vero ho lavorato molto in Europa e con molti registi europei. Ma dipende molto dalle varie esperienze. Non voglio generalizzare. Predators, per esempio, avrebbe potuto essere girato in Europa se avessero trovato le location giuste. In fondo, le cose cambiano da film a film e non da paese a paese.
Ci dica i nomi di cinque registi con i quali vorrebbe lavorare
È difficile ma ci provo lo stesso. Martin Scorsese, Chris Nolan è uno validissimo e il suo Batman ha dei lati molto interessanti. Poi Woody Allen, Paul Thomas Anderson e infine coi fratelli Cohen. Ecco con loro fanno ben sei registi…..
© CultFrame 07/2010
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CULTFRAME. Predators. Un film di Nimrod Antal
Filmografia di Adrien Brody